Per costruire una politica nuova… dopo le elezioni

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partecipazione“…Il dibattito si è trasformato in un inseguimento senza fine negli studi televisivi fra tre o quattro leader, i quali da settimane ripetono sempre gli stessi concetti per arrivare all’ultimo dei propri elettori target… le contrapposizioni non sono mai state così forti… i programmi appaiono ridotti a un referendum sull’IMU; mentre sarebbe invece il momento di capire cosa non ha funzionato negli ultimi vent’anni, per poter invertire un declino lungo che si sta trasformando in un tracollo…”. L’impressione di Francesco Grillo (nell’editoriale del Messaggero, 18 gennaio) credo sia largamente condivisa. Le cause sono certo molteplici e dopo le elezioni, qualunque sia il risultato, bisognerà riflettere molto; e impegnarsi davvero – tutti, da più parti, a diversi livelli –  in un lavoro di ricostruzione della vita democratica del Paese.Lo svolgimento della campagna elettorale che, complici anche taluni media, si presenta come una deprimente sceneggiata, obbliga infatti tutti a riflettere. “Ci vuole dunque una legge che regoli la vita dei partiti, del resto prevista dalla Costituzione. E ci vuole una riforma elettorale che dia agli elettori il potere di scegliere i parlamentari, invece che a un sinedrio o a un capo” (Antonio Polito, Corriere della Sera, 22 gennaio). Diciamo pure che potevamo accorgercene prima, ma meglio tardi che mai. L’importante è avere ben chiaro che comunque vadano le fasi finali della campagna e il risultato delle elezioni, bisognerà metter mano e correggere l’architettura, le regole e il quotidiano funzionamento del nostro sistema politico.

Io credo che la prossima legislatura dovrà e potrà essere “costituente” (direi meglio: “ri-costituente”!), nel senso che dovrà impegnarsi in una riscoperta e aggiornamento della Costituzione: sia nel senso di aggiornarne alcuni articoli e istituti, sia – soprattutto – nel senso di  riscoprire ed aggiornare la sua alta, insostituibile (ma purtroppo appannata) ispirazione ideale e politica. È infatti evidente, e condivisa, anzitutto la necessità sia di modificare la legge elettorale che stimola ad una contrapposizione feroce, a personalismi scatenati, a lacerazioni culturali ed etiche… senza neppure poi realizzare governabilità e alternanza; sia di realizzare una serie di norme e di indirizzi che diano finalmente attuazione all’articolo 49 della Costituzione per garantire la natura e l’azione autenticamente democratica dei partiti politici.

Si potrebbe proprio dire che il nostro sistema partitico operi spesso ai margini della legalità e con scarso “metodo democratico”; e che le regole che avrebbero dovuto offrire ai cittadini la possibilità di coniugare la governabilità con l’alternanza hanno portato invece alla rissa e al caos attuale. Mi pare significativo quello che  uno studioso e protagonista della vita italiana come Francesco Paolo Casavola ha scritto su www.eptaforum.it , notevole laboratorio di idee e valori per una società rinnovata: Lo Stato di partiti ha diviso il paese più che le contrapposizioni ideologiche di comunismo e di libertà, di sovietismo e di atlantismo.La partitocrazia ha occupato con i suoi uomini il governo, il Parlamento, gli Enti locali, gli enti pubblici economici, la burocrazia, le banche, le aziende municipalizzate, il servizio sanitario nazionale, le partecipazioni statali, ogni ganglio della vita economica, le istituzioni culturali, le Università, la scuola, i sindacati; finanche le professioni liberali e artistiche non ne sono rimaste immuni.Coronamento di questa occupazione dello Stato e della società è stato il sistema dei mass-media lottizzato fra i partiti di governo e quello di opposizione. La partitocrazia é stata infatti un sistema di spartizione delle spoglie cui partecipavano con diversa caratura tutti gli uomini di partito. Non si può dire che fossero inclusi nel sistema solo i partiti della scelta atlantica. Questo é stato vero ad una certa data. Poi gli esclusi sono rimasti solo i cittadini estranei ai partiti. É la partitocrazia ad avere interrotto quel processo di estensione della politica alla società ch’era nel progetto del nuovo Stato repubblicano. La società s’è trovata perciò, senza averlo voluto, all’opposizione della politica.”

Per raggiungere pienamente un risultato adeguato è naturale che alla determinazione (e al cambiamento) delle regole dovrà aggiungersi anche un rinnovamento profondo della classe politica, un cambiamento di persone, di qualità e di stile. Certamente servono delle nuove leggi, ma anche delle nuove persone; e ciò significa luoghi e impegno per formare una nuova generazione di grande qualità culturale, morale e umana. Tutto ciò non sarebbe possibile senza un grande impegno educativo e la costruzione corale di una nuova cultura, una nuova etica della solidarietà e del servizio, del dialogo e del rispetto di ciascuno. La rinascita della politica in Italia può avvenire soltanto attraverso una riforma “legislativa” e una contemporanea, diffusa riforma culturale e morale. Non è un sogno impossibile perché ci sono idee, persone ed energie disponibili, come può intuire anche chi legge il nuovo libro di Roberto di Giovan Paolo “Giuseppe Dossetti. Il dovere della politica” ed.  Nutrimenti. E in un simile contesto di impegno e di rinnovamento potrebbe finalmente esprimersi adeguatamente anche il contributo dei cattolici democratici che nell’attuale realtà politica sono inevitabilmente emarginati e dispersi (nonostante l’eroismo di alcuni, pochi)  anche perché, come scrive Giuseppe De Rita, “l’appartenenza cattolica è diventata un elemento del curriculum individuale, non il riferimento a un’anima collettiva di proposta politica” (Corriere della sera, 28 gennaio). Se la politica, grazie anche a nuove regole e alla riforma (e autoriforma) dei partiti, e soprattutto grazie ad una vera mobilitazione della società, tornerà ad essere “amore e progetto” (come scriveva Arturo Paoli) allora ci sarà certamente più spazio per gli uomini di buona volontà e dunque anche per i credenti fedeli al Vangelo.

Anche questo nostro “portale” c3dem.it, che non a caso si richiama alla Costituzione, al Concilio e alla Cittadinanza come a sorgenti di una politica nuova, può e vuole lavorare in questa direzione; e intende tener viva la speranza perché il vero, grave pericolo è lo scoraggiamento e la disillusione. Per questo la riflessione, il confronto e il dialogo, la formazione delle coscienze, il nutrimento della speranza – insieme all’esercizio dello spirito critico – sono la strada più necessaria da percorrere; se ce ne sarà dato il tempo.

Già nel 2003 Leopoldo Elia, alla giornata di studio dei gruppi parlamentari della Margherita, spiegò: “Il rischio che stiamo correndo è di risolvere tutta la dinamica costituzionale in questa democrazia di investitura per cui il popolo… designa come Presidente del Consiglio una certa persona con una larga maggioranza di parlamentari e questo dà luogo ad una situazione pericolosa perché non bilanciata da una partecipazione tale che garantisca quella democrazia di indirizzo, con intervento sul piano del programma, sul piano degli obbiettivi e sul piano dei limiti dei poteri….” Era convinto che “esistono limiti di compatibilità e di coerenza che non si possono superare senza uscire dalla forma di governo parlamentare e dalla forma di stato democratica (vedi l’art 139 Cost: forma repubblicana intesa in senso forte)”  (in  AAVV, “ Leopoldo Elia, costituzionalista e uomo politico rigoroso e innovatore”, ed. Diabasis, pag. 85). Noi sogniamo infatti una democrazia che sia anche di indirizzo, nella quale cioè i cittadini orientino le scelte politiche non solo incaricandone gli “eletti”, ma anche partecipando ogni giorno in vario modo, anche attraverso la forma dei partiti, alla vita e alle scelte della comunità politica nazionale e locale, con spirito di solidarietà.

Infine a me sembra che tale cammino non può svilupparsi se non sulla base della convinzione fondamentale che  Aldo Moro ci ha lasciato, in quell’articolo su Il Giorno scritto per la Pasqua del 1977:  «Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino; ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il proprio spazio intangibile, nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo. La pace civile corrisponde puntualmente a questa grande vicenda del libero progresso umano, nella quale rispetto e riconoscimento emergono spontanei, mentre si lavora, ciascuno a proprio modo, ad escludere cose mediocri per fare posto a cose grandi».

Angelo Bertani

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  1. Non c’è dubbio che la prossima legislatura dovrà essere una legislatura “costituente” e che lo dovrà essere in senso positivo perché dovrà consentire il recupero di criteri di convivenza sociale che appaiono appannati se non addirittura scomparsi……Ma perché questo avvenga è indispensabile creare le condizioni di fondo per la “ricostituzione”: si tratta infatti di voltare pagina rispetto agli ultimi decenni della nostra storia. E le elezioni dovranno sancire questa “conversione”: occorre mettere fuori gioco definitivamente il “berlusconismo” come cultura, come approccio alle istituzioni, come comportamento sociale. Questa, credo, debba essere la posta in gioco principale di questa scadenza elettorale che dovrebbe fugare ogni tentazione di astensione: il voto è il primo e più efficace strumento del nostro diritto di partecipare e di influire sulla vita sociale e politica del nostro Paese e il risultato delle prossime elezioni non è indifferente agli effetti di una indispensabile ricostituzione!
    Quanto ai cattolici democratici credo che la rigenerazione della democrazia debba rappresentare un impegno primario, un impegno forte e dichiarato: ma ciò dovrebbe avvenire in un contesto di confronto e di collaborazione con tutti quanti condividono il medesimo obiettivo. Ed è questo contesto che dovrebbe consentire la costruzione di proposte politiche efficaci. No, quindi, alla rivendicazione di una esclusiva, di una identità che si contrappone in modo preconcetto ad altre identità: la nostra politica si caratterizza più per le contrapposizioni di identità che per le proposte di soluzione dei nodi che gravano sulla vita delle persone. Credo che il Paese abbia un bisogno vitale di confronto e di incontro su obiettivi condivisi che hanno a che fare con il bene comune ed è qui che dovrebbe essere visibile ed efficace l’impegno dei cattolici che credono nella democrazia.

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