La progressività fiscale è un valore se riguarda tutti i contribuenti

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Pubblichiamo un interessante contributo sulla questione fiscale elaborato dall’Associazione Koinè (promossa da un gruppo di ex sindacalisti, prevalentemente cislini ma non solo, di economisti e di persone interessate ai temi del lavoro e dell’equità sociale). L’imposta personale sui redditi è oggetto di un disegno di legge di riforma da parte del governo che sembra non rispondere ad alcune situazioni di palese iniquità

 

 

L’Associazione Koiné ha dedicato diverse riunioni alla questione fiscale. La sintesi del dibattito è contenuta in questo documento. Esso è stato redatto sulla base delle indicazioni espresse dai componenti l’Associazione e da esperti invitati, iscritti e non iscritti al PD, ma tutti interessati all’iniziativa delle Agorà.

Nella discussione sulla riforma fiscale, e in particolare su quella dell’IRPEF, vi è una evidente contraddizione e, spesso, una clamorosa lontananza tra proposte di riforma e i mutamenti intervenuti negli anni nel sistema economico nazionale e internazionale e nel sistema fiscale italiano.

Il nostro sistema fiscale si fonda ancora sulla riforma del 1972, perché tutte le iniziative modificative di quel sistema, intervenute nei decenni successivi, hanno riguardato essenzialmente l’amministrazione finanziaria o le modalità di accertamento. Dire che tutto è fermo da allora sarebbe sbagliato, ma è constatazione comune che l’Imposta personale sui redditi (per questo l’acronimo è IRPEF), a causa delle modifiche introdotte soprattutto negli ultimi 10/15 anni, con esenzioni, agevolazioni, regimi di favore, “bonus”, sia stata del tutto destrutturata e che questo, assieme all’elevata evasione, abbia portato ad una palese violazione dei criteri di equità orizzontale prima e verticale poi dell’IRPEF.

Di fatto, il nostro sistema fiscale si è andato configurando da un lato come un sistema sempre più dual tax con esclusione dall’IRPEF di tutti i redditi non da lavoro e dall’altro si è dimostrato incapace di assoggettare a tassazione i redditi da lavoro autonomo e parte non piccola dei redditi non soggetti all’IRPEF. Essa è diventata un’imposta solo su chi ha il sostituto d’imposta, ossia pressoché esclusivamente redditi da lavoro dipendente e da pensione.

In questo quadro, è abbastanza sorprendente che buona parte del dibattito sulla riforma si accentri sulla progressività dell’IRPEF, come se questa imposta fosse onnicomprensiva di tutti i redditi e senza evasione. Infatti, a questo riguardo, va rilevato che periodicamente vengono fornite cifre, stime, numeri, che raccontano di un Paese dove evadere conviene, perché all’accertato non corrispondono mai le stesse cifre di recuperato (950 miliardi di euro accertati giacciono nei magazzini della riscossione con l’ammissione della stessa Agenzia che più passa tempo e più sarà difficilissimo recuperarne anche una piccola parte).

Sia il documento delle Commissioni congiunte di Camera e Senato sia nel Disegno di legge Delega presentato dal governo nella loro formulazione iniziale indicavano per il futuro un sistema di dual income tax limitando l’IRPEF ai soli redditi da lavoro e assoggettando tutti gli altri redditi a una imposizione sostitutiva, con aliquota proporzionale. E’ del tutto evidente che una discussione sulla progressività dell’IRPEF non può prescindere da questa scelta ed essere esaminata a sé stante. Non ha alcun senso e non è certamente equo colpire con tassazione progressiva un reddito da lavoro e con tassazione proporzionale un analogo reddito da capitale o da immobili.

Nell’attuale sistema vi sono le imposte patrimoniali (di bollo e IMU) che colpiscono indirettamente i redditi da capitale e da immobili. La verifica va fatta quindi in base al complesso della riforma, considerando quale sarà l’aliquota proporzionale sui redditi non soggetti a IRPEF, quali le imposte patrimoniale reali e se alcune di queste ultime sono oppure no progressive. Fondamentale sotto questo aspetto è anche la riforma del catasto che restituisca una base reale ai valori delle rendite catastali oggi del tutto lontane dalla realtà con forti differenze a seconda del luogo in cui le case si trovano. Il rinvio nell’affrontare questo delicato tema, che riguarda milioni e milioni di persone proprietari di case, rappresenta una debolezza che dovrà essere superata. Stabilire il valore reale delle rendite è la premessa necessaria per qualsiasi discorso sul valore da attribuire alle aliquote IMU e sulle differenze per zona, per tipologia di abitazione e per altre variabili che si vogliano considerare.

Solo in questo quadro complessivo ha senso discutere di quale progressività dare alla struttura dell’IRPEF, fermo restando che altro elemento fondamentale da affrontare è la lotta all’evasione per eliminare la differenza di fondo tra chi ha il sostituto d’imposta e chi no. Importante a questo scopo l’utilizzo pieno di tutte le banche dati disponibili e una semplificazione del sistema fiscale a partire dall’eliminazione delle diverse aliquote IVA nei diversi passaggi tra operatori IVA prima della vendita al consumatore.

La versione modificata dal parlamento della delega fiscale fa di fatto sparire il sistema di dual income tax; lascia la progressività solo ai redditi da lavoro e da pensione; non uniforma le aliquote proporzionali sul reddito da capitale e da immobili, rende permanente la flat tax degli autonomi. In pratica, perpetua tutte le distorsioni che si sono progressivamente formate nel nostro sistema fiscale a danno dei lavoratori dipendenti e degli autonomi. E questo è inaccettabile.

Un secondo elemento che viene comunemente trascurato quando si parla di progressività dell’IRPEF é che a questa progressività, come strumento di redistribuzione, si accompagna un altro strumento di redistribuzione che è quello delle prestazioni sociali legate al reddito. In un quadro di forte evasione fiscale – dove i percettori di reddito fisso (lavoratori dipendenti e pensionati) sono quelli sui quali si scaricano le “tensioni” fiscali in caso di necessità di cassa – il misuratore per l’accesso o meno alle prestazioni sociali non può più essere il reddito dichiarato. In teoria in uno Stato in cui tutti redditi sono soggetti a un’IRPEF progressiva, le prestazioni sociali devono essere garantite a tutti, perché tutti hanno contribuito a finanziarle in base alla loro capacità contributiva. Nella realtà, così non è sia perché la progressività fiscale non riguarda tutti i contribuenti, sia perché lo Stato non è in grado di coprire tutte le spese. Molte delle prestazioni sono quindi condizionate al reddito personale o familiare o all’Isee. Vi sono quindi contribuenti che sono soggetti a una doppia progressività, quella fiscale prima e quella “sociale” poi. Vi è anche qualche caso di tripla progressività se un cittadino è escluso da qualche detrazione fiscale per motivi di reddito. Abbiamo quindi cittadini che finanziano il welfare ma che sono esclusi da alcune prestazioni. Di per sé, sarebbe accettabile se circoscritto ad alcune prestazioni tenuto conto dello stato della finanza pubblica. Diventa insopportabile se, per la diffusa evasione, accanto al contribuente colpito da doppia o tripla progressività vi è l’evasore che sfugge tanto alla progressività del sistema fiscale che a quella del sistema sociale. Anche questo è un fattore da considerare ai fini di una lotta all’evasione, attraverso un controllo da parte dell’INPS sui beneficiari delle prestazioni sociali.

Infine, un elemento spesso non considerato è il fatto che è in atto una profonda trasformazione nel nostro Stato sociale, sia dal lato del suo finanziamento sia dal lato delle prestazioni che eroga. Il nostro è uno Stato sociale che nasce inizialmente fondandosi sul rapporto contributi/prestazioni e che vede poi un crescente intervento dello Stato. Il quale è finanziato principalmente attraverso l’IRPEF, per molti anni la principale fonte di entrata con i prelievi dai redditi di lavoro che costituivano la parte maggioritaria del reddito nazionale.

Oggi la situazione è profondamente cambiata: i redditi da lavoro sono sensibilmente diminuiti come componente nel reddito nazionale, si riducono così le tradizionali forme di finanziamento mentre aumentano le prestazioni di tipo universalistico finanziate dallo Stato attraverso l’indebitamento e basate sulla prova dei mezzi; ultimi esempi il Reddito e la pensione di cittadinanza e l’assegno unico. Una situazione alla lunga insostenibile. Si pone quindi un problema di accesso alle prestazioni come in precedenza ricordato e un problema di finanziamento dello Stato sociale. Vi sono oggi percettori di redditi che non contribuiscono o contribuiscono solo con le imposte indirette a finanziarlo, mentre usufruiscono delle sue prestazioni a partire da quelle sanitarie.

Va allargata, quindi, la base di finanziamento dello Stato sociale con un tributo specifico posto a carico di tutti i redditi non soggetti a IRPEF, ossia i redditi da impresa (sostitutivo dell’Irap in questo caso, imposta che dal 1997 ha sostituito tra gli altri i contributi sanitari e la tassa della salute e che è stata nel tempo ridotta sia nell’aliquota, sia nell’imponibile e che si avvia nella Delega a essere soppressa), da capitale, da immobili, ecc.. Avrebbe una base imponibile larghissima, in molti casi attuabile con ritenuta alla fonte.

Soltanto in questo modo la scelta costituzionale della progressività potrebbe avere una conferma piena da parte del legislatore e un consenso consapevole da parte dei cittadini. In definitiva, pagare tutti progressivamente, in relazione ai propri redditi, è pagare con giustizia e con onestà e verosimilmente anche pagare meno.

 

 

Sandro Antoniazzi, Maurizio Agazzi, Mario Ajello, Pier Paolo Baretta, Giorgio Benvenuto, Salvatore Biasco, Roberto Benaglia, Maurizio Benetti, Salvatore Biondo, Ambrogio Brenna, Cecilia Brighi, Michele Buonerba, Paola Carnevale, Pinuccia Cazzaniga, Carmelo Cedrone, Angelo Coco, Mario Colombo, Mario Conclave, Giuseppe D’ercole, Emilio Gabaglio, Giovanna Gobbo Morelli, Giovanni Guerisoli, Valeria Fedeli, Andrea Lijoi, Franco Liso, Marino Lizza, Franco Lotito, Mauro Maré, Luigi Marelli, Renato Matteucci, Pierluigi Mele, Vincenzo Menna, Raffaele Morese, Gabriele Olini, Ruggero Paladini, Giorgio Panizzi, Luciano Pero, Piero Ragazzini, Giuseppe Roma, Onofrio Rota, Gaetano Sateriale, Santino Sciré, Cosmano Spagnolo, Giorgio Tonini, Fausto Tortora, Olga Turrini, Salvatore Tutino, Domenico Uliano, Beppe Vacca, Manlio Vendittelli, Angelo Venturini.

 

Qui il sito dell’Associazione Koinè.

 

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