L’esigenza, nella Chiesa, di darsi tempo per pensare questo nostro tempo

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Generazione incredula, la nostra. Forse la prima. Adulti che sembrano adolescenti, che non hanno più fede e che certo non la possono comunicare ai loro figli. E una pastorale da cambiare alla radice. Conversazione con Armando Matteo (nella foto), giovane teologo ora chiamato da papa Francesco a lavorare per l’ex sant’Uffizio

 

 

 

Don Armando Matteo, presbitero della diocesi di Catanzaro-Squillace, già assistente nazionale della FUCI, docente di teologia fondamentale alla Pontificia Università Urbaniana di Roma, è stato nominato di recente dal papa sottosegretario aggiunto alla Congregazione per la Dottrina della fede. Autore di saggi importanti come La prima generazione incredula e Convertire Peter Pan. Con lui abbiamo parlato del presente e del futuro della Chiesa, dei giovani e del processo sinodale in corso.

Cominciamo a comprendere che servizio svolge un sotto-segretario alla dottrina della fede? È una diaconia intellettuale molto preziosa, ma spesso poco nota… Di che si tratta?

Il compito di un sottosegretario è normalmente quello di lavorare in modo che tutto in una Congregazione si svolga in modo lineare e sereno. Ovviamente lavora in stretto contatto con il prefetto e soprattutto con il segretario. essendo io un sotto-segretario aggiunto, vi è già nella Congregazione per la Dottrina della fede, un sotto-segretario e mi coordino con lui. La cosa importante è allora il lavoro d’insieme della Congregazione, nel quale sto imparando ad inserirmi e a dare il mio apporto. Il servizio che svolge la Congregazione per la Dottrina della fede è davvero molto prezioso con le sue tre sezioni: dottrinale (che si occupa delle materie che hanno attinenza con la promozione e la tutela della dottrina della fede e della morale), disciplinare (che tratta i delitti contro la fede, nonché i delitti più gravi commessi contro la morale e nella celebrazione dei sacramenti) ed infine matrimoniale (che si interessa alle cause di scioglimento di matrimonio in favorem fidei). Ma, ripeto, sono davvero uno che impara il mestiere…

 

Lei è un presbitero della diocesi di Catanzaro. Le chiese meridionali hanno forse una riserva di senso ancora inespressa. C’è un grido dei Sud del mondo a cui porgere orecchio?

A me pare che una delle caratteristiche importanti ancora forte nelle chiese meridionali sia quella della popolarità. La gente sente che la Chiesa è qualcosa che tocca la propria esistenza e l’esistenza dell’umanità in generale. Mi pare sia una grande riserva di senso rispetto ad un certo individualismo – fortemente voluto dai sistemi economici e culturali che ci governano – di cui in altre parti del Paese si avverte maggiormente la presenza. Certo, esiste anche un grande grido dei Sud del mondo; e c’è il grido relativo alla sorte delle nuove generazioni, le quali sono troppo spesso costrette a lasciare i propri luoghi d’origine per cercare, come si dice, fortuna. Questo è il grido che io avverto oggi con molta forza: non possiamo continuare – dentro e fuori dalla Chiesa – a disattendere le giuste prerogative dei giovani.

 

Recentemente, si è aperta la fase diocesana della causa di beatificazione del calabrese Cassiodoro, ideatore del Vivarium, in un tempo tanto simile al nostro, come il V secolo dopo Cristo. Appare quanto mai opportuno recuperare Cassiodoro. Per essere credenti oggi, taluni dotti americani (penso all’intellettuale cristiano americano Rod Dreher) propongono di costruire dei monasteri come quelli generati da San Benedetto per ritirarsi, conservare la fede e ripararsi dai nuovi barbari. La idea dei vivaria sembra una possibile distinta opzione: quella di luoghi aperti, di scambio di vita, di una vivacità che, anche in tempi difficili, potremmo donare ma anche ricevere dalle persone che li frequenteranno. Che ne pensa da teologo della Chiesa universale, con profondo radicamento calabrese?

Trovo molto azzeccata la proposta che emerge da questa domanda. Certamente una cosa è chiara: non possiamo non cambiare stile di presenza ecclesiale. Per il nostro bene, per il bene della società, per i bene dei nostri cuccioli. Il rischio di diventare un bel museo è dietro l’angolo. Ed è per questo che – soprattutto nei miei scritti più recenti – avanzo la proposta di adottare l’“opzione Francesco”. Che cosa intendo? Intendo dire che il nostro è tempo propizio per mettere finalmente in atto ed in moto tutto ciò che da otto anni e mezzo ci raccomanda papa Francesco. Basta dunque con ritirate sull’Aventino da cristiani depressi e risentiti. Basta con atteggiamenti gattopardeschi con piccole spulciatine alla siepe senza zappare a fondo il terreno del nostro giardino ecclesiale. Scegliamo Francesco! Per prima cosa, allora, è tempo di accettare che il nostro non è un mondo che cambia, ma è un mondo che è già cambiato e che dunque siamo di fronte a rivoluzioni dell’umano che mettono in crisi gli assetti del passato e aprono a sfide inedite. Il postmoderno non è un raffreddore di mezza stagione.

In secondo luogo, è tempo di fare spazio alla consapevolezza che non si dà più qualcosa come un “inconscio cristiano collettivo” al quale poter fare riferimento per il nostro annuncio del Vangelo. La grammatica dell’umano che oggi si è imposta è fortemente estranea (quando non addirittura contraria) alla grammatica di fondo del Vangelo. Ed è pure fortemente sostenuta dai processi economici che governano il mondo. Per tale ragione, la nostra missione di evangelizzazione non è più avvantaggiata da nulla, soprattutto non è più sostenuta da quell’unità e da quella “cristianità” della cultura che c’era nel passato. Dobbiamo capire che oggi si deve incominciare proprio dall’inizio: dal dire chi è Gesù e le ragioni per le quali proprio oggi è sommamente umano credere in Lui.

Infine, e qui raggiungo la domanda, dobbiamo cambiare l’attuale regime pastorale, l’attuale stile ecclesiale. Non possiamo continuare a rispondere a domande che nessuno ci pone più. Insomma, noi continuiamo a porgere il buon cibo del Vangelo in un modo che non attrae più nessuno. E la situazione è tale che non possiamo rattoppare il regime pastorale ereditato. Va cambiato radicalmente, nella linea di una trasformazione dei luoghi ecclesiali in luoghi in cui chiunque possa incontrarsi con Gesù e innamorarsi di lui. I nostri luoghi dovrebbero, sì, essere questi vivai in cui il buon profumo di Gesù si espande in ogni direzione.

 

Stiamo vivendo i cammini sinodali iniziati nelle diocesi da tutto il mondo il 17 ottobre scorso. Lei ci ha fatto conoscere – mi riferisco ai titoli di alcune sue opere –  le figure socio-ecclesiali della prima generazione incredula, degli adultescenti alla Peter Pan, delle quarantenni che fuggono la Chiesa, dei credenti a disagio con il postmoderno che ci considera estranei, quasi materiale da esculturare. Ecco, che cammini sinodali sognerebbe per provare ad ascoltare anche loro nei prossimi anni di partecipazione ecclesiale?

Il cammino sinodale che abbiamo iniziato è una vera e propria grazia. Confido che darà alla Chiesa che è in Italia tutta la forza e il coraggio necessari per cambiare quello che è necessario cambiare per ritornare ad essere – come dice papa Francesco – “una Chiesa lieta con il volto di mamma”. Cioè una Chiesa generativa. Questo è il problema: essere o non essere una Chiesa che genera al mondo nuovi cristiani e nuove cristiane. Il punto è che da tempo questo ci riesce in misura ridottissima. Allora il cammino sinodale è un cammino di sosta per pensare insieme, pregare insieme, ascoltare la voce del mondo e soprattutto la voce dello Spirito e poi per discernere insieme e agire. Dal mio punto di vista, però, la prima e fondamentale esigenza è quella di darsi tempo per pensare questo nostro tempo, per pensare i cambiamenti accaduti alle generazioni adulte, all’universo femminile, al mondo delle nuove generazioni, alle nuove variazioni dell’ateismo contemporaneo, ai dinamismi sempre più potenti (psicoattivi) delle forze economiche, alle trasformazioni della socialità e degli immaginari condivisi.

Oggi nessuno ha tempo per pensare. E nessuno che abbia potere oggi (economia, cultura, mass media) desidera che la gente pensi. Non mi spiegherei altrimenti il potere del Grande Fratello Vip o di certe serie come Un posto al sole o del calcio, che è cosa davvero “minuto per minuto”. Tutta questa manna dall’etere ci è data proprio per non farci pensare. Ecco, una Chiesa che pensa, secondo me, oggi dà da pensare anche a chi resta ai suoi margini. E forse può risvegliare anche qualche interesse.

 

Lei ha avuto anche diversi maestri, conosciuti di persona oppure dalle frequentazioni sui libri. Ne cito due. Il francese Michel de Certeau e il tedesco Elmar Salmann. Michel de Certeau potrebbe offrire uno sguardo non rassegnato né angosciato su come continuare ad essere credenti in una società plurale? Cosa de Certeau può dirci oggi?

Ho in mente una frase di de Certeau che fa proprio al caso della Chiesa italiana. Egli dice: lì dove il diavolo è fissista, Dio è rivoluzionario. Ecco il punto: la rivoluzione che Dio ha portato in terra, con il popolo di Israele, e poi con Gesù, non è finita. Deve diventare presente. E per diventare presente oggi è necessaria una conversione pastorale. La pastorale è il modo concreto con cui portiamo il buon cibo (pastorale-pastore-pasto) agli uomini e alle donne di oggi. E noi abbiamo una pastorale che andava bene per i nostri genitori e per i nostri nonni. Non va più bene per i nostri coetanei e per i nostri cuccioli. Penso che de Certeau avrebbe esultato davvero molto leggendo il numero 27 di Evangelii gaudium: «Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’auto-preservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia». De Certeau ci direbbe di imparare a memoria questo documento di papa Francesco.

 

Il secondo maestro è Salmann. Quale potrebbe essere il suo sguardo sulle vicende ecclesiali ed in particolare sui cammini sinodali richiesti da Papa Francesco?

Per fortuna, padre Salmann è ancora vivo e vegeto e ben volentieri potrebbe direttamente offrire la sua versione di questo momento storico. Del resto, tutti i suoi libri sono un costante e crescente tentativo di cogliere questo kairos che stiamo vivendo. In ogni caso, penso che ci direbbe di non attardarci ulteriormente. Di non prendere e di non perdere altro tempo. Dobbiamo al più presto trovare il modo di raccordare la parola bellissima del Vangelo con le mille rivoluzioni e controrivoluzioni della contemporaneità, con coraggio e con fierezza. Sì, con fierezza: noi siamo portatori di un tesoro davvero inestimabile.

 

In una chat di amici che hanno condiviso con me l’esperienza del Movimento studenti di Azione cattolica, è apparsa una questione che non è di adesso (risale ad almeno 30 anni fa), ma che andrebbe affrontata di petto: i ragazzi, gli adolescenti, i giovani dopo la Cresima ci dicono CIAO ed iniziano precocemente un lungo esodo dall’Eucarestia domenicale. Lei ha dedicato diversi saggi a cercare di capire perché le giovani generazioni si guardano bene dal vivere la comunità ecclesiale. Cosa può dirci al riguardo? Come avvicinarli? Come lasciarsi interrogare dalle loro sane provocazioni?

La questione giovanile non è una questione dei giovani. Il problema è l’assenza di fede negli adulti. In coloro che transitano tra i 40 e i 60 anni. Costoro non pregano mai, non leggono mai il Vangelo, l’unica accezione della parola “Chiesa” loro nota è il grande calciatore della nazionale… La loro testimonianza, da anni, è scialba. Chiedono i sacramenti della fede, ma senza fede nei sacramenti. Portano i figli in Chiesa, ma di loro neppure l’ombra. Non hanno la minima idea del cambiamento avvenuto al testo del Padre nostro. In casa, le discussioni religiose sono solo quelle relative all’ora di religione. Punto e basta. Eppure, gli occhi degli adulti – dei genitori in primis – sono il primo grande annuncio del Vangelo, il luogo del kerigma, il tabernacolo vivente. Se Dio lì c’è, allora Dio esiste, concludono i nostri cuccioli. Ma in quegli occhi Dio non c’è più da tanto tempo. Gli adulti sono ormai tutti ad immagine e somiglianza di Peter Pan. Non solo. Mentre Peter Pan desiderava semplicemente non crescere, gli adulti di oggi non solo non vogliono crescere ma di fatto non fanno crescere più nessuno.

Ecco il dramma per le attuali nuove leve: come imparare a crescere, come imparare a credere in una società senza adulti “adulti”? Esse cercano di trovare una strada, si fanno compagnia tra di loro, azzardano qualcosa, gridano in ogni modo la loro disperazione, il loro vuoto di senso e il loro senso di vuoto, il loro bisogno di padri e di madri, il loro desiderio di un’umanità non più ad immagine di Peter Pan. Ed è per questo che poi i giovani, della Chiesa, salvano solo Papa Francesco e qualche consacrato più esposto verso di loro, verso le loro inquietudini, i loro bisogni, il loro “dramma”. Super coccolati e super protetti da mamme e papa che non vogliono fare i grandi e dunque essere gli educatori e i portatori di quella testimonianza vivente del lato agonico, precario, finito e pur generoso e generativo dell’esistenza umana, alla fine i giovani si ritrovano semplicemente abbandonati.

 

Secondo Lei, papa Francesco sta valorizzando le donne nei ruoli apicali della Chiesa? C’è una differente attenzione rispetto ai precedenti pontificati? Il pontefice non ha accettato le proposte della Commissione sul diaconato femminile. Quali sono le sue remore? Come si pone nei confronti della nuova Commissione?

Sul primo punto la cosa è davanti agli occhi di tutti. Ed in questo vi è una continuità con i pontefici precedenti. Nessuno può negare che la Mulieris dignitatem di san Giovanni Paolo II è un documento di grande impatto sul tema del femminile nella Chiesa. La nuova Commissione sul diaconato femminile ha dovuto pagare lo scotto dell’arresto della pandemia e dunque attendiamo tutti con trepidazione i risultati dei suoi lavori. Da parte mia aggiungo che già solo i numeri 103 e 104 di Evangelii gaudium sono in grado di restituirci la profonda sollecitudine con la quale papa Francesco si muove affinché tutte le donne (non solo le nonne) si possano sempre di più sentire “a casa” nella casa del Signore.

 

Durante la pandemia, scrivevamo sui balconi che tutto andrà bene. Adesso, stiamo assistendo a fenomeni sociali di individualismo esasperato e di negazione dei legami sociali. Viene il sospetto che già da prima del virus Covid-19 circolasse un altro virus, psicologico: quello della crudeltà diffusa… Si pensi al romanzo Ferocia di Nicola La Gioia. Da dove deriva questa crudeltà? Potrebbe essere l’esito di un sistema economico che ci fa bramare sempre nuovi piaceri, nuovi consumi e poi prima o poi ci delude?

Questo è il grande tema dell’enciclica Fratelli tutti. Basta rileggerne il numero 105: «L’individualismo non ci rende più liberi, più uguali, più fratelli. La mera somma degli interessi individuali non è in grado di generare un mondo migliore per tutta l’umanità. Neppure può preservarci da tanti mali che diventano sempre più globali. Ma l’individualismo radicale è il virus più difficile da sconfiggere. Inganna. Ci fa credere che tutto consiste nel dare briglia sciolta alle proprie ambizioni, come se accumulando ambizioni e sicurezze individuali potessimo costruire il bene comune».

Il punto è qui: gli affari e gli affetti di Peter Pan vanno ormai a braccetto e non c’è più alcuna remora nel portare avanti sistemi e prassi economiche che stravolgono quel fondamentale tratto dell’umano che è la cura, la prossimità, la generosità senza ritorno, la generatività. È tempo, perciò, che i credenti rimettano in circolazione il grande antidoto contro questo individualismo radicale: Gesù e la sua prassi samaritana. Solo una cultura samaritana – la cultura di chi sa perdere e donare tempo e denaro a chi è in difficoltà – ci salverà dalla disumanità che fa capolino fin troppo spesso nella nostra contemporaneità.

 

A cura di Giandiego Carastro

 

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  1. Il santo e avvincente insegnamento di papa Francesco, come anche dice il salmo 62/63, parla chiaro: tutti gli uomini che vivono sulla terra, idolatri e no, disonesti e no, ignoranti e no, eccetera, hanno un intimo, incessante bisogno di Dio, del suo Amore, della sua Gioia, del mistero infinito della sua Presenza e della sua trascendenza, anche se non conoscono o non riconoscono questa loro costitutiva esigenza.La mirabile preghiera di Gesù nel cap. 17 di Giovanni ci rivela che la gioia troverà pienezza quando tutti convergeremo a formare con Dio una sola realtà. Questa è la mirabile notizia che tutti i cristiani, sacerdoti e laici, abbiamo la missione di diffondere. I sacerdoti, che per definizione devono donare il Sacro, hanno una particolare opportunità di immergere gli uomini, fedeli e no, in questa incommensurabile letizia, distogliendoli dall’errore di cercare l’entusiasmo del mistero nella droga o in altre religioni che più chiaramente parlano della trascendenza di Dio. Nell’atto più vero e più profondo del nostro culto, la partecipazione alla celebrazione liturgica, dobbiamo tutti, sacerdoti e laici, avvertire e fare avvertire che siamo fuori del tempo, nell’eternità, e tutti i santi, sia che si trovino in questa vita terrena, sia nella beatitudine divina, sono realmente, anche se invisibilmente, presenti, assieme agli angeli. Quando cantiamo (spesso, purtroppo, soltanto recitiamo) “i cieli e la terra sono pieni della tua gloria”, affermiamo la sua divina Presenza, quale supremo presidente della celebrazione. Quando ero preside, mi stupivo che i docenti di religione avessero bisogno di un libro di testo diverso dal Vangelo. Io credo che non ci sia un giovane che non vibri di entusiasmo e di commozione alla lettura dei capitoli 15-17 di Giovanni, se gliene viene offerta l’occasione.

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