Dio e il dolore

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don Enrico Ghezzi

 

Il prof. Veronesi, al quale tutti riconoscono valore scientifico, professionale e umano, per la sua lunga vita spesa accanto al dolore più acuto del nostro tempo, che è il cancro, ha scritto di aver smesso di credere in Dio quando ha visto la violenza della malattia distruggere il corpo tenero di tanti bambini, lasciando mamme e papà nel dolore più sconvolgente.

Da prete, ho assistito due volte al lento morire di un bambino: un bimbo per leucemia e un bimbo per un tumore al cervello. Speranze, preghiere, illusioni, hanno accompagnato i tempi di quella angoscia. La domanda che sconvolgeva era quella di sempre in queste circostanze: perchè? A un bimbo, con i genitori molto religiosi, riuscimmo a dare a la prima comunione. Con il secondo la madre si oppose duramente a quel sacramento, che pure generalmente fa la gioia dei bambini nella festa che poi resterà sempre nella nostra memoria.

A un dolore come questo, si risponde o affidandosi alla volontà di Dio, nella fede, oppure perdendo disperatamente la fede per un Dio che è assente o che, se c’è, non ascolta le preghiere e il dolore di chi lo invoca. E’ difficile sfuggire a una di queste due tensioni.

Capisco bene l’anima e i sentimenti del medico nel prendere atto, a poco a poco, della tragedia che si va svolgendo, nell’affrontare colloqui drammatici con i genitori sovrastati dalla disperazione, nel dover sopportare l’impotenza della medicina.

Allora Dio dov’è, perchè non ascolta, non si rivela, non viene in soccorso alla nostra impotenza?

Anche il prete non trova le parole. Bisogna soltanto essere presenti, stare accanto, e non pretendere di dare qualche significato.

Nessuno sa perchè una cosa così possa avvenire e nessuno, neanche il credente, può capire il mistero del dolore nella morte dei bambini. Così avviene per le guerre, quando le bombe, come anche oggi avviene, cadono sulle famiglie facendo scempio di tanti innocenti.

La morte non ha spiegazioni razionali: la si accetta come una dimensione tragica o misteriosa della nostra condizione umana.

Avviene così, a causa di questa fragilità che è la nostra carne, il nostro corpo, la condizione della vita che inizia a esistere senza sapere come questo avvenga, se non a causa di quella immensa potenza chiamata amore che genera la vita…

Credo che il dolore si sviluppi proprio a partire da questa radice: il vedere un bimbo, che è la rappresentazione concreta di tutto ciò che è più grande e misterioso, un figlio, che è frutto di amore, e dover constatare la sua fine, la sua morte.

 

Può allora Dio essere vicino o addirittura dentro questa sconfitta che è la morte di un bimbo aggredito  dalla malattia?

Se parto dall’idea che la vita ci vede partecipi di un incessante rinnovarsi della creazione come frutto dell’intensità dell’amore, o dalla fiducia che ho in una futura vita eterna, o dalla certezza della fede nella persona del Cristo risorto, trovo, però, ancora più consolante per questa nostra esistenza la certezza della presenza di Dio e non la sua assenza, allorchè sperimentiamo, anche nella situazione di un dolore disperante, questa potenza creativa che abbiamo di amare: la vita continua ad esistere, non per una semplice trasmissione della vita fisica che i genitori compiono, ma perchè in questa trasmissione di vita rimane perenne la potenza dell’amore, che non può non avere origine divina.

Se alla presenza incomprensibile della morte dei bambini, siamo portati a perdere ogni certezza di una esistenza divina (smetto di credere), trovo tuttavia che Dio continua ad essere presente dove la vita rinasce ogni volta, ogni giorno, in ogni istante, e ciò non soltanto per la potenza di elementi naturali, ma perchè la vita si trasmette attraverso il fuoco inestinguibile dell’amore.

 

Don Enrico Ghezzi

One Comment

  1. Suggerisco di citare nella rubrica l’articolo sull’argomento di Vito Mancuso, pubblicato sulla “Repubblica” di ieri, nel quale riassume efficacemente la tesi di fondo del suo libro “Il principio passione”.
    Prospetta una visione originale e stimolante di questo eterno problema.

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