Come vorresti essere consultato dalle tue istituzioni?

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L’autore è dottorando di ricerca presso il Disaster Lab dell’Università Politecnica delle Marche

 

A partire dalla legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo, le pubbliche amministrazioni hanno iniziato a riflettere sull’importanza di coinvolgere i cittadini nelle scelte pubbliche, che, sul finire del secolo scorso, apparivano sempre più complesse e dai molteplici effetti: la PA ha iniziato a promettere maggior trasparenza, a prefiggersi di essere  casa di vetro, recettiva delle istanze della società civile e dei portatori di interessi legittimi. E così ad esempio sui temi della riqualificazione urbana, delle opzioni sanitarie, di individuazione di un centro di stoccaggio di rifiuti o di una nuova via autostradale, nel corso degli anni sono stati convocati diversi incontri pubblici con i cittadini e le loro associazioni.

Spesso, il nostro coinvolgimento di cittadini in tali processi decisionali pubblici vive una ambiguità di fondo: non sappiamo se le nostre osservazioni saranno prese realmente in considerazione dai decisori ed in che modo, permanendo sempre il rischio di comunicazioni unidirezionali, in cui il decisore informa la popolazione su scelte irrevocabili e già compiute, chiudendo ogni spiraglio di protagonismo della cittadinanza.

Fino al 12 febbraio è possibile partecipare alla costruzione del quadro concettuale  di come vorremmo essere consultati, per sopperire alle attuali carenze dei processi consultivi in ogni ramo della Pubblica amministrazione. Si tratta di cliccare sul sito Internet dedicato alla bozza di Linee guida sulla Consultazione pubblica in Italia e segnalare le proprie osservazioni. Si tratta di una meta-consultazione: in pratica ci è chiesto di dire la nostra su come vorremmo che le pubbliche amministrazioni strutturassero i momenti di consultazione pubblica sulle più svariate policies pubbliche. È una iniziativa del Ministero della Funzione Pubblica, nell’ambito dell’Open Government Partnership (OGP). Così si legge nella premessa alle Linee guida: “L’apertura di un processo decisionale pubblico deve essere uno dei principi ispiratori dell’attività dall’amministrazione pubblica e il risultato di una decisione, condivisa dai suoi vertici politici, dai suoi dirigenti e dai suoi funzionari, su cui si impegna al fine di garantire il rispetto dei principi generali per le consultazioni pubbliche e l’inclusione dei risultati della consultazione nel processo decisionale”. La bozza invita a commentare i 9 principi generali individuati, che tutte le pubbliche amministrazioni dovranno seguire al fine di agevolare la comunicazione reale tra cittadini ed istituzioni: 1. IMPEGNO; 2. CHIAREZZA; 3. TRASPARENZA; 4. SOSTEGNO ALLA PARTECIPAZIONE; 5. PRIVACY; 6. IMPARZIALITÀ; 7. INCLUSIONE; 8. TEMPESTIVITÀ; 9. ORIENTAMENTO AL CITTADINO.

Tra le azioni concrete di un certo rilievo, contenute nelle Linee Guida, queste appaiono di particolare pregio: quella di favorire la creazione di comunità attive e consapevoli capaci di sviluppare un dibattito – online e offline – maturo e non polarizzato; quella di prevedere esplicitamente la durata della consultazione (preferibilmente dalle 8 alle 12 settimane); quella di agevolare la inclusione maggiore possibile dei cittadini; quella di evitare che i momenti pubblici coincidano con orari di lavoro o giorni che ostacolerebbero la partecipazione civica; quella di prevedere adeguate risorse economiche per la buona riuscita dei processi; quella della condivisione ex ante dei criteri qualitativi e quantitativi con cui misurare la qualità del processo; quella dell’impegno a raccogliere tutte le opinioni espresse nella consultazione ed a renderle consultabili in formato digitale.

Nella scala che gradua i livelli di partecipazione pubblica, formulata per prima dalla sociologa S. Arnstein nel 1969, la consultazione è un gradino mediano, che si colloca tra la manipolazione e la semplice informazione, da un lato, e il coinvolgimento e la co-decisione, dall’altro.

Alcuni passaggi delle linee guida proposteci in bozza riguardano non solo la consultazione ma anche gli ulteriori gradini della scala: per questo forse andrebbero ridenominate “Linee guida per la partecipazione pubblica” e non della sola consultazione. Un altro aspetto da indagare è quello di capire se le linee guida avranno una qualche influenza sui procedimenti di consultazione già in essere (come quelli previsti nell’ambito di Valutazione di Impatto Ambientale) o che saranno effettivi a breve, come il dibattito pubblico prima di una grande opera che abbia un forte impatto sociale ed ambientale (articolo 22 del codice degli appalti pubblici, decreto legislativo n. 50 del 2016) o le consultazioni pubbliche per la ricostruzione nei comuni del cratere sismico (articolo 16, comma 2, del decreto legge 189/2016 convertito dalla legge 229/2016).

Le linee guida si presentano in un formato snello, poco processuale, più da soft-law che da codice immediatamente vincolante. E questo non è un male, in un ambito amministrativo dove forse le leggi, le norme, le circolari abbondano da quel dì. Ad indicare un modello di buona consultazione potrebbe aiutare quanto la studiosa americana Jane Mansbridge scrive sulla deliberazione, cioè che “dovrebbe, idealmente, essere aperta a tutti coloro che sono toccati dalla decisione. I partecipanti dovrebbero avere pari opportunità di influenzare il processo, avere uguali risorse ed essere protetti da diritti fondamentali. E’ richiesto, ed è centrale, un processo di reason-giving: in questo processo, i partecipanti si trattano con reciproco rispetto e pari considerazione. Essi dovrebbero ascoltarsi reciprocamente e offrire ragioni che ritengano accettabili e comprensibili dagli altri (…). I partecipanti non dovrebbero provare a cambiare il comportamento degli altri attraverso la minaccia di sanzioni o l’uso della forza_” (citata da A. Floridia, “La democrazia deliberativa: teorie, processi e sistemi”, Carocci editore, p. 62).

In relazione al principio 6 relativo alla “Imparzialità” si potrebbe esplicitare la opportunità di ricorrere a figure di professionisti della facilitazione, che disegnino il processo consultivo, lo conducano, garantiscano un confronto creativo delle svariate argomentazioni ed aiutino l’amministrazione a valutarlo. Si potrebbe prevedere un più esplicito coinvolgimento dei cittadini anche nell’agenda setting e sugli aspetti del tema da trattare o dei relatori o degli esperti da invitare alla consultazione. Ai nove principi ne potrebbe seguire un decimo, dedicato alla “Sostenibilità”: le consultazioni pubbliche della PA dovrebbero poter così entrare in correlazione con gli indici BES (Benessere equo e sostenibile), elaborati dall’Istat e dal CNEL e diventati parametro di riferimento con l’ultima legge di bilancio, e con i principi di resilienza, di mitigazione dei rischi, della nuova coscienza ecologica promossa da Papa Francesco con la “Laudato sii” e da tutte le convenzioni Onu sull’ambiente.

In conclusione, è interessante far pervenire le nostre osservazioni al Ministero della Funzione pubblica ed alla rete civica permanente (l’Open Government Forum), che hanno avviato questa consultazione su come essere consultati. Se possibile entro il prossimo 12 febbraio.

Qui la pagina Internet dove approfondire le Linee Guida e, volendo, offrire il nostro contributo http://open.gov.it/linee-guida-sulla-consultazione-pubblica/

 

Giandiego Carastro

 

 

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  1. Sono stata difensora civica per circa 10 anni ma poi sulla difesa civica ,istituto di partecipazione ,appunto, si è calato un velo pietosissimo e al suo posto le amministrazioni hanno inventato figure di “garanti” senza potere nè riconoscibilità e soprattutto senza bando, assolutamente lottizzati dai partiti e ad uso e consumo ,come bandierina, per le amministrazioni che le hanno espresso. Sono una docente di diritto nelle scuole superiori ed insegno a San Donà di Piave (Venezia) in un istituto tecnico dove ci si riempie la bocca, come in tutte le scuole, dopo la ” buona scuola” di parole come trasparenza,partecipazione democrazia cittadinanza e legalità. Partecipazione e trasparenza la scuola italian ,in particolare non sa cosa significa o comunque non riesce ancora d esprimere, non buone pratiche, ma neanche la minima intenzione di mettere in pratica nemmeno la lontana idea di questi principi. Sono a disposizione per qualsiasi lavoro teorico e pratico che permetta di promuovere partecipazione anche come diritto umano. Faccio parte di Aip2 e spero di poter riuscire a far qualcosa con questo gruppo di volontari preparati e motivati. 3356024651 teresalapis@libero.it)

  2. Il tema della partecipazione nella scuola è molto importante, sia in sè, sia come elemento di “educazione civica” concreta per i ragazzi/e e persino per le stesse famiglie. Meriterebbe una riflessione più ampia di quella pur portata avanti dagli “addetti ai lavori”. Spero sia possibile avere altri suoi contributi ed esperienze, riguardo alla scuola ma anche ad altri ambiti che ha seguito o segue.

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