Scuola: quando la comunità educante non è un’utopia

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di Pasquale Bonasora*

Labsus, Laboratorio per la Sussidiarietà (labsus.org), in collaborazione con Indire (l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, www.indire.it, da quasi 100 anni punto di riferimento per la ricerca educativa in Italia), hanno da poco pubblicato il Rapporto annuale sull’Amministrazione condivisa dei beni comuni, quest’anno focalizzato sulla scuola (gratuitamente scaricabile dal sito). 102 patti di collaborazione ed educativi, che danno il senso concreto di un modo diverso e positivo d’intendere la politica per una comunità solidale

La scuola è uno spazio di frontiera, luogo dell’incontro e dell’accoglienza. Questo ci ha insegnato la ricerca sui patti di collaborazione e i patti educativi di comunità. Sede privilegiata dove si sperimenta una forma di autonomia libera dal potere dell’autorità e ricca del potere delle relazioni. Tra generazioni diverse, innanzitutto, perché la generazione che precede ha responsabilità nei confronti di quella che segue. Nei contesti particolarmente fragili dove è necessario forzare i margini sociali, culturali ed economici per assumere un ruolo trasformativo della realtà e invertire le aspettative delle nostre comunità che vedono, ogni giorno di più, crescere i livelli di povertà assoluta e relativa. Ma anche tra territori diversi perché le opportunità non sono distribuite equamente e gli svantaggi sociali si traducono in diseguaglianze ed emarginazione.

“Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”, sostiene un antico e abusato proverbio africano, che diventa buono solo per gli slogan se il cambiamento di paradigma non si traduce nella ricomposizione di un sistema di opportunità educative e una rete di soggetti educanti, che, in modo capillare e diffuso, raggiunga ragazze e ragazzi. Cambiare paradigma significa riconsegnare all’educazione un ruolo attivo nell’emancipazione culturale e sociale di ogni persona. Vuol dire permettere alla scuola di entrare in relazione dialettica, ma anche osmotica, con il territorio in cui è inserita.

Di più. Se l’alleanza tra scuole, Terzo settore, università, istituzioni è costruita tra pari e valorizzando il contributo attivo degli stessi abitanti di un territorio, dei suoi ragazzi, delle loro famiglie, allora è possibile che la pratica stessa dell’educazione diventi esercizio di una nuova forma di libertà responsabile, un’esperienza concreta di civismo, dove imparare a praticare la cittadinanza come valore universale da riconoscere a ciascuno e non solo come status giuridico per alcuni.

In questo senso le scuole, in quanto autonomie funzionali, ma anche principale infrastruttura sociale del Paese, assumerebbero il ruolo che l’art. 118, quarto comma della Costituzione attribuisce a Regioni, Città Metropolitane, Province e Comuni, favorendo la libera iniziativa dei cittadini che desiderano agire nell’interesse generale, prendendosi cura dell’educazione delle proprie ragazze e dei propri ragazzi, immaginando la scuola anche come bene comune da proteggere e tutelare, riconsiderando la città e le sue funzioni a servizio della stessa.

In questo senso i Patti di collaborazione e i Patti educativi di comunità possono essere intesi come strumenti di co-programmazione e co-progettazione dell’offerta formativa e la fruizione dello spazio della città come progetto collettivo condiviso dando voce, legittimazione, rappresentazione e strumenti operativi, capaci di capitalizzare risorse e competenze, alla comunità educante.

 

I processi collaborativi, dunque, non sono un “gattopardesco” espediente burocratico ma gli strumenti attraverso cui le regole e la creatività si incontrano, il momento in cui istituzioni e cittadini si confrontano. È attraverso la co-progettazione che la rivendicazione sociale può diventare motore di un cambiamento reale che, attraverso le scuole, investe tanto le istituzioni quanto la comunità. Solo così i Patti si rivelano come spazio di elaborazione per un nuovo modo di amministrare, ma anche come espressione di una nuova soggettività politica.

 

Indire e Labsus, nel settembre 2021, hanno costruito un Osservatorio nazionale sui Patti educativi di comunità. L’idea nasce, soprattutto, dalla necessità i di sostenere una riflessione profonda e pubblica intorno agli obiettivi e agli strumenti di cui la scuola oggi si può dotare per ridefinire il suo rapporto con il territorio, ma anche per osservare e organizzare progettualità e azioni in grado di ripensare i modi e i soggetti di questa relazione, spesso abusata nei termini ma poco praticata nella realtà.

Sin dalla sua nascita abbiamo pensato l’Osservatorio come uno spazio necessario per intercettare i patti realizzati sul territorio nazionale con una particolare attenzione per le piccole scuole che hanno bisogno di avere nell’ente locale il loro principale alleato; restituire una geografia, sempre aggiornata, di attori ed esperienze che si attivano sul territorio nazionale insieme alla scuola; individuare i tratti caratterizzanti che fanno del Patto lo strumento strategico e operativo in grado di costruire una nuova ed inedita alleanza tra scuola e comunità locale; costruire strumenti e toolkit che possano aiutare le scuole e le comunità nella fase di co-progettazione e realizzazione di alleanze durature e sostenibili nel tempo; valorizzare le migliori pratiche al fine di restituire alla comunità nazionale una varietà di modelli a cui ispirarsi.

L’Osservatorio per i Patti di collaborazione che coinvolgono scuole e i Patti educativi di comunità, oggi, alla luce delle riflessioni scaturite dal Rapporto ha la necessità per essere ancora più efficace, di aprirsi a nuove alleanze, ridefinire se è necessario gli obiettivi insieme con enti intermedi, fondazioni, associazioni, comunità, istituzioni che vorranno condividere il nostro cammino.

 

 

*Presidente di Labsus

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