Non è sbagliato solo lo sciopero, ma anche la politica che l’accompagna

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Abbiamo un governo che si dimostra all’altezza dei problemi del paese, che sta affrontando i problemi del risanamento dell’economia. E di fronte a questo, una parte del sindacato senza una visione, senza una prospettiva, è capace solo di dichiarare uno sciopero

 

 

Cgil e Uil, insoddisfatte delle risposte del governo alle loro indicazioni e rivendicazioni, hanno deciso uno sciopero generale.

Non si tratta di un atto incomprendibile, come affermano diplomaticamente le fonti governative, ma di uno sciopero sbagliato sia nel merito che nel significato politico.

Nel merito non è certamente poco lo sgravio economico previsto dal governo in materia fiscale; per tener conto delle fasce minori di reddito è stata inoltre effettuata una significativa correzione a loro favore.

Era presente in effetti un’ipotesi alternativa: usare lo sgravio non per alleggerire le diverse fasce di reddito, ma destinandolo integralmente alla riduzione degli oneri sulla busta paga, soluzione che riscuoteva anche il favore di parte padronale.

La sua versione più estrema è contenuta nelle parole di Landini: i benefici dello sgravio devono andare tutti a favore dei lavoratori.

Le forze politiche hanno deciso diversamente per tener conto anche di altre categorie di cittadini, in particolare del ceto medio: discorso che appare equo, riservando un riguardo particolare alle categorie a basso reddito.

Dunque il compromesso del governo appare sufficientemente equilibrato e comunque non tale da giustificare le ragioni di uno sciopero generale.

Ora nel documento di proclamazione dello sciopero l’elenco dei motivi di insoddisfazione si è allargato: non c’è solo il fisco, ma anche le pensioni, la scuola, la politica industriale, la delocalizzazione, la non autosufficienza (verrebbe voglia di aggiungere; la parità salariale delle donne, il Sud, la ricerca scientifica, ecc..).

Questo ventaglio allargato di problemi è necessario trattandosi di uno sciopero generale; si ha l’impressione che non siano i problemi a giustificare lo sciopero, ma al contrario che, avendo deciso di indire lo sciopero, si sia reso necessario accumulare i motivi a favore.

Si tratta di problemi generali su cui gli incontri sono in corso, alcuni col Ministro del Lavoro che sembra ben disposto, altri che richiedono approfondimenti, soprattutto quando si chiedono delle misure di riforma.

Prediamo il tema delle pensioni. I sindacati hanno incassato la scelta di quota 100 di Salvini, senza battere ciglio: ti regalano soldi in abbondanza, in modo sconsiderato, non è possibile rifiutarli.

Il problema viene adesso, dato che non si può continuare su quella strada, economicamente impossibile: il governo propone un graduale rientro, il sindacato invece una soluzione “pensione a 62 anni o con 41 anni di contributi”.

Si tratta di una proposta che dal punto di vista degli oneri ha lo stesso rilievo di quella di Salvini.

Così per il tema della non autosufficienza, tutte le proposte del sindacato hanno un esclusivo punto di caduta: la richiesta di un onere consistente a carico dello Stato.

C’è da rimanere stupiti da questa valanga di richieste economiche: sembra di trovarsi nel regno dell’abbondanza e che l’unico problema consista nel come dividersi la torta.

Deve essersi prodotto uno strano effetto: i soldi del PNRR ci sono adesso, questo è il momento per portare a casa il più possibile, domani sarà troppo tardi.

E’ un’immagine un po’ pietosa quella che danno Cgil e Uil in quest’ occasione, un’immagine di richieste quantitative non proporzionate, in un momento in cui bisognerebbe ragionare in grande con idee nuove.

Finalmente c’è un governo con cui si può dialogare.

E’ un’occasione per aprire la strada della partecipazione dei lavoratori nelle aziende e nella politica industriale (come hanno fatto i sindacati elettrici per la riconversione), è il momento di introdurre forme mutualistiche per finanziare gli oneri della non autosufficienza, è il momento di affrontare seriamente le politiche attive del lavoro di cui abbiamo un urgente bisogno, è un momento di fare riforme che non siano solo richiesta di aumenti, ma strutturali, anche se richiedono sacrifici.

Abbiamo un governo che si dimostra all’altezza dei problemi del paese, che sta affrontando i problemi del risanamento dell’economia, che ha ridato forza all’immagine del paese e al suo ruolo.

E di fronte a questo, una parte del sindacato senza una visione, senza una prospettiva, è capace solo di dichiarare uno sciopero: non uno strumento di lotta per dei motivi giusti, piuttosto un atto di disperazione, una semplice e disarmante dichiarazione di fallimento.

La Cisl ha fatto bene a dissociarsi: non un atto di moderatismo, un atto che salva la dignità del sindacato.

 

Sandro Antoniazzi

 

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  1. Mi permetto di dissentire, almeno in parte, dalla legittima opinione di Antoniazzi. Forse lo sciopero generale è esagerato, ma non si può certo dire che questo governo brilli per attenzione alle politiche sociali, in un momento di grande difficoltà dei ceti popolari, tra salari reali in discesa e disoccupazione che non accenna a diminuire, se non per effetto di contratti a termine.

    In particolare: “C’è da rimanere stupiti da questa valanga di richieste economiche: sembra di trovarsi nel regno dell’abbondanza”. Beh, sono almeno 30 anni che in una legge di Bilancio non si autorizza così tanto deficit, l’abbondanza c’è e quindi è logico che ciascuna parte sociale tenti di appropriarsene di una quota.

    Inoltre: “Abbiamo un governo che si dimostra all’altezza dei problemi del paese” mi pare una frase opinabile. Forse lo è per certi aspetti, meno per altri. Il grande problema della disuguaglianza è evidente che non viene affrontato, nemmeno nelle forme più innovative come la dote per i 18enni proposta da Letta e brutalmente stoppata da Draghi. Il Ministro dell’Istruzione – lo dico da operatore della scuola – appare molto meno all’altezza dei problemi della scuola della ministra che lo ha preceduto, che però non godeva dei favori della stampa di cui gode questo governo. Gli sgravi fiscali: ma come? Un governo così forte lascia al Parlamento, senza una linea di indirizzo, l’onere di collocare gli 8 miliardi stanziati? Non mi pare la dimostrazione della forza di un governo: tant’è vero che quando Draghi ha proposto di congelare gli sgravi per i redditi sopra i 75 mila euro, è stato messo in minoranza dai partiti che lo sostengono! E comunque: i risparmi di imposta vanno in maggioranza al ceto medio; sarebbe bastato utilizzare quelle risorse per alleggerire il cuneo fiscale per fare un’operazione più equa, che premiasse contemporaneamente mondo del lavoro e dell’impresa.

    Termino – sono stato lungo e me ne scuso – comprendo e ammiro la storia personale (una storia encomiabile) di Sandro Antoniazzi, ma la sua chiosa finale sulla dichiarazione di fallimento di Cgil e Uil e sulla dignità della Cisl, mi sembra un atto di adesione comprensibile, ma inutilmente forte. Personalmente, osservando le dinamiche sindacali che si dipanano nelle “periferie” del mondo del lavoro – i magazzini della logistica, il bracciantato agricolo, i rider e i lavoratori della gig economy – mi sono fatto l’idea che l’intero sindacato confederale stia fallendo nella sua missione costitutiva: più di tutti quella parte di sindacato che, continuando ad adottare le strategie di un’epoca che non è più quella attuale, nega nei fatti la presenza e la dimensione di un conflitto che domani potrebbe scoppiarci tra le mani.

  2. Riprendo, perché condivido, questa nota della Cisl in merito alla dichiarazione di sciopero generale fatta da Cgil e Uil. Aggiungo solamente che, ancora una volta, hanno prevalso, nel dichiarare lo sciopero, ragioni ideologiche e di identità su quelli del merito e dell’unità sindacale.

    “La Cisl considera sbagliato ricorrere allo sciopero generale e radicalizzare il conflitto in un momento tanto delicato per il Paese, ancora impegnato ad affrontare una pandemia che non molla la presa e teso a consolidare i segnali positivi di una ripresa economica e produttiva che necessita di uno sforzo comune per essere resa strutturale.

    Tanto più considerati i rilevanti passi avanti fatti nell’ultimo mese sui contenuti della legge di bilancio. Risultati che la Cisl valuta in modo positivo e che garantiscono avanzamenti su riduzione delle tasse ai lavoratori e pensionati, risorse per gli ammortizzatori sociali e contratti di espansione, maggiori stanziamenti per la sanità, importanti risorse per non autosufficienza, pubblico impiego, assegno unico per i figli, uniti all’ impegno forte assunto dal Governo di aprire al più presto un confronto con il sindacato sulle rigidità della Legge Fornero e di accelerare la riforma fiscale.

    La manovra di oggi è molto diversa e migliore di quella di un mese fa: merito di una mobilitazione sindacale intransigente, responsabile e costruttiva, che ha puntato a riallacciare i fili dell’interlocuzione senza conflitti sterili.

    I risultati sono arrivati sulla via del dialogo e del confronto e su questa via la Cisl intende proseguire, in una fase decisiva per il futuro del nostro Paese, rinsaldando il dialogo sociale per ottenere nuovi avanzamenti e continuando ad esercitare pressione sul Parlamento per migliorare ulteriormente la Manovra e la politica di sviluppo su lavoro e pensioni, politiche industriali e scuola, sostegno al reddito e caro-bollette, per assicurare nuove e maggiori opportunità ai nostri giovani.

    Per arrivare a traguardi concreti e duraturi non serve incendiare lo scontro in modo generalizzato: rischiamo di spezzare i rapporti sociali e industriali trasformando i luoghi di lavoro in campi di battaglia.

    Quello che serve oggi è l’esatto opposto: coesione, responsabilità e partecipazione sociale.”

  3. Se il sindacato non recupera la sua capacità di costruire vertenze, può perdere terreno a favore dei Landini, novelli demagoghi. Ci son bastati i grillini.

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