Libro “Laburismo cattolico” a cura di Flavio Felice e Roberto Rossini

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Laburismo cattolico” a cura di Flavio Felice e Roberto Rossini, edizione Morcelliana, Brescia 2022

Il libro di Flavio Felice, professore di storia delle dottrine politiche all’Università delle Marche e di Roberto Rossini già Presidente Nazionale delle Acli e Portavoce del terzo Settore, è allo stesso tempo ambizioso e importante.

Ambizioso perché si assume con coraggio il compito di elaborare una nuova proposta di laburismo cristiano, importante perché la propone oggi, quasi come gettare un sasso in acque culturalmente stagnanti, insomma una provocazione che attende di essere raccolta.

L’ultimo scritto rilevante sull’argomento, il libro di Vincenzo Saba “Quella specie di laburismo cristiano” del 1996, aveva un carattere diverso: la ricostruzione storica di un pensiero sociale – attribuibile a Dossetti, Pastore, Romani – che avrebbe potuto costituire un’alternativa, o almeno una sostanziosa correzione, alla politica di De Gasperi.

“Laburismo cattolico” invece non è un libro storico, bensì un libro di idee politiche, che coglie liberamente elementi di diverse dottrine per costruire una propria ipotesi.

Punto di partenza del discorso è un confronto tra tre pensieri differenti: il laburismo inglese e congiuntamente il Piano Beveridge, la Scuola di Friburgo e il documento di Camaldoli.

Il laburismo è visto attraverso le lenti di Sturzo, in occasione dei suoi soggiorni a Londra nel periodo dell’esilio, il quale ne dava un giudizio positivo in quanto, pur rappresentando la classe dei lavoratori, aveva saputo proporsi come un partito che guardava agli interessi generali (salvo criticarlo nel dopoguerra a motivo delle nazionalizzazioni).

Alla scuola economica di Friburgo si deve la teoria ordoliberale, una visione del capitalismo rispettoso di regole che ne garantiscano il funzionamento civile e sociale.

Infine, Camaldoli, documento di un gruppo scelto di intellettuali cattolici, che ha certamente contribuito, nelle difficoltà e carenze dell’epoca, a formare una base di idee valide per la futura democrazia del dopoguerra.

Secondo gli autori, sia pure con accenti diversi, le posizioni di questi filoni teorici hanno molti punti di contatto o perlomeno non sono tra loro contrastanti e dunque presentano la possibilità di un avvicinamento e di un dialogo.

Vengono poi esaminati rapidamente alcune contraddizioni di un tempo: riforme/rivoluzione e Ideologia/pragmatismo, per mostrare come siano oggi superate a favore di un riformismo realistico (a riguardo si potrebbe sollevare un interrogativo: questo riformismo vuol modificare il sistema o solo portarvi degli aggiustamenti?).

Viene poi approfondito il tema del lavoro in ambito cattolico.

La descrizione delle posizioni di Sturzo e di Dossetti è solo schematizzata: Sturzo sarebbe a favore del conflitto non ritenendo che lo Stato debba intervenire, mentre Dossetti concependo lo Stato in modo finalistico sarebbe favorevole all’intervento nei conflitti sociali.

Gli autori fanno riferimento a Baget Bozzo il quale sostiene un’immagine “integralista” di Dossetti, indubbiamente eccessiva: Dossetti e La Pira certamente pensavano di esprimere i loro valori cristiani nei riguardi della società, ma al di là delle motivazioni, le loro proposte erano del tutto laiche. Lo testimonia la Costituzione. E poi si potrebbe ricordare che la posizione allora più avanzata sul piano teorico era quella di Maritain, che parlava di nuova “cristianità”, a cui certamente Dossetti e La Pira hanno fatto in un primo tempo riferimento, del resto come molti altri.

Dall’insieme del discorso sembra di comprendere che le simpatie degli autori, rifuggendo dallo statalismo, propendano piuttosto per una soluzione lib -lab, un laburismo che tenga conto della lezione ordoliberale.

Viene poi citata un’intervista di De Gasperi dove lo statista vede un futuro di laburismo e di economia sociale, espressioni fatte indubbiamente in buona fede, ma che riguardano un “futuro” che è ancora di là da venire.

Per illustrare la visione cattolica del lavoro gli autori fanno poi ampio ricorso alla “Laborem Exercens”, una enciclica esclusivamente dedicata a questo tema: di essa richiamano in particolare il valore soggettivo del lavoro (che consente un’incessante elevazione culturale e morale) e la dimensione mondiale, che apre la questione sociale a comprendere tutti gli sfruttati di ogni regime.

Dei cattolici vengono ricordate le diverse organizzazioni di lavoratori, ma anche le esperienze politiche più “laburiste”, come esperienze che hanno espresso un loro contributo alla costruzione di un pensiero sociale.

Per venire più direttamente alla proposta gli autori ritengono che opportunità rilevanti siano offerte dalla situazione presente, in particolare dalle nuove tecnologie (e dall’algoritmo che consente una conoscenza dettagliata di tanti aspetti della nostra vita) e dalla globalizzazione, che apre inediti orizzonti.

La costruzione di una prospettiva laburista dovrebbe realizzarsi sulla base di quattro presupposti:

  • Accettare il conflitto economico-sociale
  • Recuperare il mondo del lavoro attraverso la fraternità, come allargamento della solidarietà
  • Ripartire dalla città, dal territorio, dove si sviluppano le relazioni sociali e la società civile (civitas)
  • Valorizzare i corpi intermedi: la cooperazione, le associazioni dei lavoratori, il terzo settore.

Seguono due scritti distinti, dell’uno e dell’altro autore, ma penso che si possa finire qui.

L’elaborazione della proposta, molto interessante in sé, è espressa nelle sue linee generali, attraverso richiami a idee e concezioni che non vengono approfondite, ciò che è comprensibile nella logica dell’impostazione dell’opera.

Appare però evidente che, qualora si intendesse veramente dar seguito al discorso, allora i problemi dovrebbero essere affrontati in tutto il loro spessore ad un altro livello.

In secondo luogo, ci si può chiedere: a chi è rivolto il discorso? Alle persone di buona volontà che lo vogliono ascoltare? Alle associazioni dei lavoratori per un aggiornamento e una verifica dei loro “statuti”? A un partito come il PD che ha perso ogni carattere laburistico?

Insomma, il discorso è aperto e speriamo che trovi chi lo raccolga.

Recensione a cura di Sandro Antoniazzi

 

 

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