Democratici perché cattolici

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Lino Prenna

EIR, pp. 155, Euro 15

 

 di Giampiero Forcesi

 

E’ ancora attuale la tradizione politica del cattolicesimo democratico? Ha qualcosa da dire, e da fare? Prova a rispondere a questo interrogativo Lino Prenna, coordinatore nazionale dell’associazione Agire politicamente, professore ordinario di pedagogia all’Università di Perugia e alla Facoltà di Scienze dell’educazione Auxilium (facoltà retta dall’Istituto delle figlie di Maria ausiliatrice), con un piccolo ma denso libro pubblicato per i tipi della nuova casa editrice degli Editori Riuniti, la EIR (“Democratici perché cattolici”, pp. 155, Euro 15). Il libro, che si articola in dodici brevi capitoli, ha una prefazione di Giorgio Campanini e una postfazione di Pier Luigi Castagnetti. E’ quest’ultimo a dire che il testo di Prenna, oltre a ricostruire i fondamenti culturali del cattolicesimo democratico, ne riesce a motivare validamente l’attualità, che Castagnetti individua nel suo non essere un’ideologia (e dunque non c’è la sua tomba nel cimitero delle ideologie, come già aveva osservato Pietro Scoppola). Non un’ideologia, ma – con le parole del giovane Moro del 1946 – “una profonda tensione dello spirito che sa vedere con altro sguardo che non sia l’umano”, ma che al tempo stesso è nell’umano che ricerca i segni del divino, e lo fa con l’autonoma assunzione di responsabilità dei credenti laici. Giorgio Campanini riassume la visione del cattolicesimo democratico che emerge dal libro di Prenna come un cristianesimo “amico del mondo e della modernità”, e dunque della democrazia, in antitesi al cattolicesimo conservatore che con la modernità non ha saputo mai confrontarsi fino in fondo. Campanini parla del cattolicesimo democratico non certo come di un partito e neppure di una corrente, ma come una particolare sensibilità che si esprime con una perdurante fiducia nella politica e nella sua capacità di trasformare il mondo.

 

E proprio la riabilitazione della politica, il risveglio di nuove vocazioni politiche, costituisce, per usare le parole di Campanini, “l’anima segreta” del libro di Prenna, il quale ritiene che il cattolicesimo democratico “abbia in sé un potenziale di ascolto, di interpretazione, di progettazione della nuova domanda politica”. Prenna parte dalla considerazione che la lunga transizione che viviamo vada assunta non come una fase temporale, tra la chiusura di un’epoca e l’attesa dell’apertura di una nuova stagione, ma come un paradigma culturale al quale riferire tutta la vicenda umana. Siamo sempre in transito. La transizione è appunto il paradigma dell’agire politico, che dunque è posto sotto il segno del relativo, del limite. E la virtù politica del cattolicesimo democratico sta proprio nella consapevolezza del relativo che segna la vicenda umana e, al tempo stesso, nella tensione ad aprirlo ad una speranza più alta, nella tensione a “mediare l’impossibile verso il possibile, la totalità dell’intenzione nella parzialità dell’azione”.

 

Nel tracciare le coordinate culturali della sensibilità politica del cattolicesimo democratico, Prenna tocca anche alcuni nodi cruciali del tempo presente. Nel primo capitolo indica nella globalizzazione, soprattutto culturale, e dunque nell’avvento del pensiero unico, l’aspetto di maggiore inquietudine dell’oggi. Prenna mostra di temere anche quella che chiama “l’aziendalizzazione della cultura e della scuola”. Ad essa oppone una considerazione della pluralità del reale e la necessità di lavorare ad una società educativa, tesa alla conoscenza, il cui sia affermato il primato della formazione. Nel secondo capitolo individua nella crisi della democrazia – sia quella socialista sia quella liberale – l’ulteriore aspetto di gravità della condizione in cui viviamo. Ad essa oppone  quella che chiama “una nuova grammatica politica”, cioè l’idea di cittadinanza, un’idea che è poco ideologica e che però ha una forte valenza strategica ed espansiva, capace di coprire in parte il vuoto di paradigmi politici ormai estenuati. Qui, come in tutto l’arco del libro, Prenna si rifà ad alcuni caposaldi del suo pensiero: in particolare a Rosmini (l’autore che più ama e che più ha studiato e di cui ha scritto), alla Lettera a Diogneto e a Lazzati. La proposta di riabilitazione della politica avanzata da Prenna passa per l’affermazione di un nuovo modello di cittadinanza: la cittadinanza orizzontale, cioè la democrazia partecipativa, non alternativa ma integrativa alla democrazia imperniata sul voto, sulla rappresentanza. Agire politicamente significa “costruire la città” a misura dell’uomo, partecipando alla vita della comunità, sia sul piano dell’assolvimento dei doveri civici (come afferma l’articolo 2 della nostra Costituzione) sia come gratuità, come prendersi cura della comunità.

 

Essenziale alla rigenerazione della politica resta la cultura della mediazione, che è uno dei connotati più rilevanti del cattolicesimo democratico. Mediazione significa, insieme, tradizione e traduzione, declinazione e incarnazione, cioè realizzare il meglio di ciò che è possibile, accettando la relatività della politica, quello che Rosmini chiama l’antiperfettismo (il richiamo realistico ai limiti dell’attività umana). Mediazione significa vocazione al dialogo con forze politiche e culturali diverse. Ma la cultura della mediazione va oggi rinnovata. Non solo è fallito il progetto politico dell’Ulivo, dice Prenna, ma anche quello del Partito Democratico. Perciò si deve “riaprire il percorso incompiuto, per un nuovo inizio”. Un percorso che introduca ragioni etiche nella politica e che esiga unta traduzione politica dei valori morali. Soprattutto, un percorso che declini la democrazia non più in termini di libertà (è un itinerario, questo, che secondo Prenna, va ritenuto concluso), ma in termini di uguaglianza, attraverso una nuova legislazione che sia attenta appunto all’eguaglianza delle condizioni (un’uguaglianza formale, non materiale, che rispetti le differenze). Per Prenna la crisi di questi anni è sulla stessa lunghezza d’onda dei quella del ’29: come allora, è il sistema liberale, incentrato sull’individualismo, che mostra la sua crisi; e, come allora, la risposta da dare è quella che avanzò Mounier, cioè l’umanesimo del personalismo comunitario, che sostituisce la persona all’individuo. La persona che viene prima del mercato, e prima dello Stato.

 

Prenna dedica alcune pagine finali alla speranza cristiana che si adempia in tutti la giustizia di Dio, secondo l’insegnamento di Moltmann, alla fede intesa come cura del mondo e impegno per la sua trasformazione, secondo l’insegnamento di Gustavo Gutierrez, al cristianesimo “fedele al mondo” evocato da Bonhoeffer. Per il quale ciò che è cristiano esiste solo nelle cose mondane. Questo cristianesimo ricco di passione e di laicità è, anch’esso, un portato della sensibilità del cattolicesimo democratico.

 

Giampiero Forcesi

 

 

 

 

 

One Comment

  1. Il progetto politico del PD è fallito, dice Prenna. Se il progetto politico era solo quello di “amalgamare” gli ex-DS ed ex-Margherita l’amalgama poteva riuscire più o meno bene, ma non era in grado di costruire un soggetto politico realmente nuovo, all’altezza delle necessità. Per questo sarebbero occorse energie e persone nuove: se queste non si sono fatte avanti, non si può dare la colpa solo agli ex.
    Se poi Prenna, come tanti altri, pensa che possa nascere un partito costituito solo da persone “perfette”, è il caso che ricordi lui stesso l’antiperfettismo di Rosmini.
    Sono rimasto sconcertato dalla lettura dell’articolo di Raniero La Valle, del quale avevo un’alta opinione, sulla necessità di un nuovo partito. Concordo con lui nella denuncia dei guasti del capitalismo. Ma poi sostiene che il Job Act – che per lui è solo un attacco all’art.18 – ha il preciso obiettivo di cancellare gli ultimi lavoratori tutelati in modo che il capitalismo possa avere la strada completamente libera.
    A me sembra evidente che il capitalismo mondiale dell’art. 18 se ne fa un baffo!
    Per di più l’attuale governo, con le riforme in corso, ha lo scopo di distruggere la democrazia.
    Ora, si può non essere affatto d’accordo con Renzi, e magari trovarlo cordialmente antipatico per il modo di fare: ma sostenere che lui e tutti quelli che lo sostengono – da Napolitano ai milioni di elettori – siano scientemente al servizio degli obiettivi del capitalismo mi sembra un tantino esagerato.
    Papa Francesco parlando agli operatori di TV2000 ha detto che i comunicatori devono guardarsi dalla disinformazione, dalla diffamazione e dalla calunnia: mi pare che Raniero non l’abbia sentito…
    Quanto al “percorso che introduca ragioni etiche nella politica e che esiga una traduzione politica dei valori morali” a me sembra una questione di persone più che di percorsi.
    E comunque fino a che i percorsi sono quelli realizzati dai Vendola o dagli Ingroia penso che di strada verso l’uguaglianza non se ne fa molta.
    Nel frattempo, se l’alternativa è quella di essere governato dai Berlusconi, o dai Grillo, o dai Salvini, Renzi mi sembra ancora il male minore.

    S

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