Il Congresso della CGIL, l’unità sindacale e l’unità della sinistra.

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di Sandro Antoniazzi

Senza paura di sbagliare, possiamo considerare la relazione di Landini al Congresso della Cgil come classica o tradizionale.

Si diffonde, infatti, in un esteso elenco dei mali sociali che affliggono i lavoratori (diseguaglianza, precarietà, bassi salari, contratti fasulli) per poi denunciare le molte politiche negative dell’attuale governo, dichiarate o in via di realizzazione (riforma fiscale, flat tax, autonomia differenziata, tagli al Reddito di Cittadinanza, incontri finti senza risposte). Da questo grande quadro deriva per logica conseguenza la necessità di passare all’azione: lo sciopero generale è ventilato, ma non nominato, data l’esigenza di consultare le altre forze sindacali.

La Cgil è una grande organizzazione, che svolge un importante lavoro di difesa dei lavoratori, e anche la logica richiamata è tutt’altro che irrilevante: i problemi sono reali e il governo sta proponendo una politica criticabile sotto molti

 

aspetti. La posizione della Cgil è pertanto comprensibile. Ma viene da dire, tutto qui?

Sembra che manchi del tutto un’analisi e una valutazione dello stato in cui si trova il lavoro oggi e quindi come situare al meglio la posizione e l’iniziativa del sindacato. Intanto fa specie che praticamente non si parli più degli imprenditori, di quel “padronato”, che un tempo costituiva la classe antagonista per eccellenza. Dietro a questo sta una motivazione oggettiva, che merita di essere affrontata.

Oggi molta parte della ricchezza non proviene o non rimane più nelle aziende, ciò che rende la contrattazione, soprattutto nazionale, uno strumento meno efficace nel redistribuire la ricchezza (lo dimostra il mancato aumento dei salari reali negli ultimi venti anni).

Così la speranza del sindacato, e particolarmente di Landini, è di recuperare ciò che non si ottiene dalla contrattazione, nella trattativa col Governo, attraverso benefici fiscali o diminuzione degli oneri sociali. In proposito merita di essere ricordato lo scontro Landini-Draghi sulla destinazione dei 10 miliardi allora disponibili: Landini chiedeva che andassero interamente ai lavoratori eliminando oneri sociali, Draghi e il Parlamento preferirono una manovra fiscale per comprendere anche i lavoratori autonomi e i pensionati. Landini non perdonò questa scelta di Draghi, giungendo ad affermare in un comizio di essere contrario “a un uomo solo al comando” (Draghi, appunto).

Questo discorso, anche se non privo di qualche ragione, si presenta debole per due motivi fondamentali.

La prima è che le finanze dello Stato italiano, come noto, non stanno nelle migliori condizioni. Una volta ci si rivolgeva allo Stato per migliorare lo welfare; rivolgersi allo Stato per sostenere i salari significa essere arrivati al fondo del barile, che ormai è praticamente vuoto (salvo naturalmente ricorrere all’aumento del deficit, ciò a cui, purtroppo, ogni tanto il sindacato allude).

Il secondo motivo è che la ricchezza oggi meno presente nelle aziende è migrata in altri luoghi che sono le banche e la finanza internazionale, le multinazionali e le rendite. E’ qui che oggi finisce tanta parte della ricchezza prodotta, luoghi dove purtroppo il sindacato, coi suoi mezzi tradizionali, non arriva. Ma è molto significativo che non una parola sia stata dedicata da Landini ai problemi internazionali da cui dipende tanta parte delle condizioni dei lavoratori italiani: come controllare le multinazionali, come far rispettare i diritti dei lavoratori in tutto il mondo, come regolare in modo più giusto i processi migratori, come regolamentare una finanza fuori controllo…

Se non si affrontano questi problemi, sarà sempre più difficile difendere le condizioni dei lavoratori.

Ponendosi in una prospettiva nazionale e di “opposizione” al governo, Landini colloca idealmente la Cgil a sinistra, configurandola come una “casa” ideale dove la sinistra possa incontrarsi.

E’ particolarmente significativo, a riguardo, che il Congresso abbia ospitato un incontro dei partiti di sinistra, in un implicito augurio di possibili intese, mentre la relazione non dedica una sola parola all’unità sindacale.

In altre parole. la Cgil sembra più interessata all’unità delle sinistre che all’unità sindacale: nella prima si sente a suo agio e pensa di trovare la sponda politica per la sua azione che è primariamente contro il governo, nella seconda non crede perché costituisce un freno per la sua collocazione a sinistra.

Per me che provengo dalla sinistra sindacale, questo è un esempio di sinistra politica nel sindacato, visione che deve essere superata perché il contributo che il sindacato può dare al progresso dei lavoratori e del paese nasce dalla “trasformazione” del lavoro, dell’impresa e dell’economia.

Più il sindacato è trasformativo e più è decisivo il suo contributo al cambiamento sociale.

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