Guerra o pace

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di Luca Emilio Caputo

Il Venerdì Santo può essere il momento giusto per uscire un momento dalle cose del mondo e tentare la fatica di mettere nero su bianco certe dolorose riflessioni, accogliendo poi il rischio di esprimerle.

Se sta a quanto legge e sente, un comune cittadino percepisce che sull’Europa spirano forti venti di guerra. Personalmente temo che si stiano innescando decise meccaniche che portano in quella direzione, come quando una brutta storia si sa già come va a finire e, anche senza capire il perchè, te ne accorgi di come stanno andando le cose.

Possiamo forse fare la tara al fiorire di dichiarazioni politiche e militari: ci sono state le elezioni in Russia, ci saranno le elezioni europee, stiamo già vivendo quelle negli USA; ma anche al netto della tara, se via via in tanti in Europa parlano ora in un certo modo, e non parlano più nel modo -fermo e sicuro, ma non plumbeo- di prima, un motivo ci sarà.
Persino il Papa è uscito, certamente non a caso, dal piano e dal lessico politici ed è rientrato in pieno in quelli del Pastore: cosa volesse dire, penso fosse chiaro.

E allora non si può far finta di niente, perché questo potrebbe essere uno di quei momenti, di cui poi la storia parlerà, in cui parlare e pensare e agire in un certo modo o in un altro può spostare molte bilance, da quelle degli eventi a quelle personali, e allora chi verrà ci si chiederà “ma come hanno fatto quelli del 2024 a non capire che le cose sarebbero andate così?”

Non credo che tutto sia razionalmente preordinabile, anche se ministri e militari hanno il compito di formulare piani e ipotesi, scenari possibili e scenari probabili; forse bisogna, invece, accettare l’idea che no, la logica non ci può supportare sempre, e che anche le grandi cose spesso succedono per caso o per capriccio o per errore (o per Provvidenza, le buone) e non per puntuale organizzazione: se l’Inghilterra non fosse stata determinata a fermare la Germania di Hitler le cose sarebbero andate ben diversamente: sì, ma come?

E cosa, ha fermato Hitler? La resistenza democratica dell’Inghilterra o la volontà di potenza, abbinata alla pulsione militarista, di Churchill?
È noto che la Germania avrebbe voluto monetizzare la conquista dell’Europa continentale con un accordo con il Regno Unito e, vista la morbida pace offerta alla Francia, c’è da credere che fossero preoccupati più che altro di non tenersi dei nemici a Ovest; per poi lanciarsi contro l’Unione Sovietica. E se gli inglesi avessero fatto altre valutazioni e infine accettato? Ci saremmo risparmiati anni di guerra (a cominciare da noi, che ancora ne portiamo i segni), è certo; ma in cambio di cosa?

La questione, temo, si ripropone ai nostri giorni, quanto all’ Ucraina.

Se il dubbio è sul “che fare?”, però non si esaurisce lì: c’è anche un “cosa pensare?”, che ci va a braccetto. È giusto spingere ancora l’Ucraina alla guerra, sapendo che significa morti, distruzioni e sofferenze, e che rischiano anche di rivelarsi inutili quanto all’esito finale?

Con la testa nelle mani, e lo sguardo che cerca più in là di quel che si vede, siamo lacerati da un dubbio morale che in questi giorni Santi pesa anche molto di più. Ciascuno di noi in queste settimane sta mettendo più o meno consapevolmente l’anima in gioco: come ci vedremo e ci vedranno, quando il giusto e lo sbagliato si saranno concretizzati? Come dei cinici guerrafondai? Come degli sciocchi pacifisti?
E siamo ancora fortunati: c’è chi il dubbio o non ce lo può avere, o ne paga le conseguenze sulla propria pelle.

Ci manca il Maestro, che su questo tanto ha avuto e avrebbe da dire, e allora ci si affida agli scritti: in La pace e la guerra, scritto ai tempi della seconda guerra contro Saddam Hussein, Giovanni Bianchi apre con un domanda fondamentale: “la pace in quanto valore, con quale altro valore è oggi ponderabile? La sicurezza? La sopravvivenza?” S’avrebbe bisogno di sapere se oggi manterrebbe la stessa domanda o la cambierebbe un po’.

E ancora, si chiedeva, se fossimo davvero costretti in una schizofrenica dicotomia tra una Chiesa pacifista e una politica guerrafondaia, entrambe per natura.

Ho cercato risposte, e non le ho trovate, credo perchè le domande erano confuse.
Il fatto è che sapevo cosa potessi trovare in quel libro ma so anche che quel che temo di più è che noi facciamo la scelta sbagliata. E no, non credo basti seguire la via razionalmente giusta, nè quella sentitamente umana, perchè nulla dipende da noi e perchè la guerra è una cosa che vive una vita propria, e cambia le persone e i popoli.

In questo momento le diplomazie stanno lavorando, con chissà quanta fatica: questa certezza, insieme all’impressione che gli USA non abbiano alcun interesse ad una vera prova di forza contro la Russia (e viceversa, credo), è l’unico appiglio nel quale si può confidare, ma è una prospettiva amara: significa che stavolta il dittatore vince, che nella “pace” si prende ciò che vuole a spese dell’aggredito e che stabilisce un precedente che vale per tutti: cioè che quello che ha fatto si può fare!

E a noi Europei, nonostante tutti gli sforzi che abbiamo fatto in questi decenni, per sostituire l’orizzonte della guerra sovente necessaria con quello della pace come fine, non resta altra scelta che l’accettare lo stato delle cose, e alla fine una scelta l’avremo fatta lo stesso, anche senza farne.
Comunque vada, la guerra ci ha già cambiati, senza quasi toccarci.

È pace, questa?

Testo pubblicato sul sito https://www.circolidossetti.it/guerra-o-pace/

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