Quella grande scommessa di far funzionare la Pubblica Amministrazione in Italia

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Riforma della PA: la cittadinanza è chiamata dal governo a partecipare . Ed è un primo successo. Bene: ma su questa strada c’è ancora molto da fare.
“Vogliamo ricostruire un’Italia più semplice e più giusta. Dove ci siano meno politici e più occupazione giovanile, meno burocratese e più trasparenza. In tutti i campi, in tutti i sensi”. Con queste parole si sono presentati il presidente del Consiglio Renzi e la ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione Madia a fine aprile scorso. Al netto di qualche canonico occhiolino alla vulgata anti-politica, è un impegno serio.
E hanno dato subito l’impressione di fare sul serio lanciando un’ampia consultazione presso i quasi tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici, diffondendo il progetto e un indirizzo email, rivoluzione@governo.it, al quale ricevere i contributi. Hanno scritto, si sono spiegati e hanno sollecitato in maniera accorata (“sarà per noi importante leggere le Vostre considerazioni, le Vostre proposte, i Vostri suggerimenti”) la partecipazione.
E così entro la data prevista, 30 maggio, sono arrivate al governo 39.343 email contenenti idee, consigli e critiche sulle 44 proposte concrete di riforma della PA. Lo ha dichiarato la ministra Marianna Madia annunciando la chiusura della consultazione: “Il 13 giugno verranno varate le prime misure – ha aggiunto-. La grande partecipazione sta aiutando il governo a realizzare una riforma migliore”.
Ecco. La “grande partecipazione”. E’ un tema che sta a cuore, a noi di C3dem. E ci preme, in attesa di verificarne gli sviluppi, sottolinearne alcuni aspetti.
Intanto la qualità di un’operazione che non si era mai vista prima. In uno dei nodi centrali delle debolezze del nostro Stato (il mal-funzionamento della macchina amministrativa) si è aperto un confronto che lascia ben sperare per la rivalutazione del concetto (in idea e in pratica) della cittadinanza.
“Vogliamo fare sul serio”, hanno detto e scritto, aggiungendo, giustamente: “non si fanno le riforme insultando i lavoratori pubblici … compito di chi governa non è lamentarsi ma cambiare le cose”. Perciò “abbiamo maturato alcune idee concrete. Prima di portarle in Parlamento le offriamo per un mese alla discussione dei soggetti sociali protagonisti e di chiunque avrà suggerimenti, critiche, proposte e alternative”. Un’operazione, che se qualcuno maliziosamente vuole descrivere come capziosa in vista delle elezioni, io reputo invece molto positiva. Ma come: quando non c’è ci lamentiamo della distanza del paese reale con quello legale e poi andiamo a fare le pulci in modo snob a tutti i tentativi di invertire al rotta?
Passiamo al merito. Tre i capitoli che sono alla base dell’impalcatura della riforma: “Il cambiamento comincia dalle persone”; “Tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione”; “Gli Open Data come strumento di trasparenza. Semplificazione e digitalizzazione dei servizi”.
Ben 44 proposte concrete, una infila all’altra, da cui partire: si va dalla modifica dell’istituto della mobilità volontaria e obbligatoria; agevolazione del part-time; applicazione rigorosa delle norme sui limiti ai compensi che un singolo può percepire, compreso il cumulo con il reddito da pensione; semplificazione e maggiore flessibilità delle regole sul turn over; riduzione del 50% del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego; valutazione dei risultati fatta seriamente e retribuzione di risultato erogata anche in funzione dell’andamento dell’economia; abolizione della figura del segretario comunale; conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, asili nido nelle amministrazioni; gestione associata dei servizi di supporto per le amministrazioni centrali e locali (ufficio per il personale, per la contabilità, per gli acquisti, ecc.); centrale unica per gli acquisti per tutte le forze di polizia; leggi auto-applicative; decreti attuativi, da emanare entro tempi certi, solo se strettamente necessari; accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile; riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio (es. ragionerie provinciali e sedi regionali Istat) e riduzione delle Prefetture a non più di 40; inasprimento delle sanzioni, nelle controversie amministrative, a carico dei ricorrenti e degli avvocati per le liti temerarie; riduzione delle aziende municipalizzate; introduzione del Pin del cittadino: dobbiamo garantire a tutti l’accesso a qualsiasi servizio pubblico attraverso un’unica identità digitale; accelerazione della riforma fiscale e delle relative misure di semplificazione.
Insomma un vasto programma (questa è solo una sintesi, per l’intero clicca questo LINK)
Obiettivi, in alcuni casi, strumenti concreti in altri, quasi tutti spesso molto difficili da realizzare sapendo bene quali siano le enormi sacche di resistenza e di opposizione che vengono da chiunque nel nostro Paese abbia raggiunto un minimo di privilegi e punti a mantenerli inalterati, costi quel che costi.
Ma dato per assodato un primo encomio, per il coraggio e la velocità dimostrata, qualche appunto sorge spontaneo.
Primo: La riforma della Pa amministrazione non può riguardare solo i dipendenti, gli addetti ai lavori. Ma tutti i cittadini che ne usufruiscono, e, spesso, ne patiscono i disagi e le inefficienze palesi.
La lettera di Matteo Renzi e Marianna Madia ai dipendenti pubblici è stata introdotta con queste parole: “il Governo intende ascoltare la voce diretta dei protagonisti a cominciare dai dipendenti pubblici e dai loro veri datori di lavoro: i cittadini.”. Bene se è così allora vuol dire che a) l’informazione al cittadino, perché si attrezzasse per fare avere il proprio contributo e le proprie idee, non è stata sufficiente: un’operazione così importante ha bisogno di una reale campagna dotata di visibilità e di una molteplicità di canali informativi; b) un paio di mesi in più non sarebbero stati male. Che fretta c’era? Se questo Paese ha bisogno di una scossa profonda e duratura è meglio che il tutto sia fatto con un lasso di tempo significativo per poter far partecipare il più ampio numero di persone possibile. Magari fornendo una dotazione minima di schede e di dati per conoscere la reale consistenza delle questioni.
(Ad esempio sui falsi miti che i dipendenti pubblici in Italia siano troppi, o mal istruiti o lavorino tutti al sud vedi questi Link dell’Eurispes  oppure quello del FORUM PA.)

Con tutto il rispetto: “la grande partecipazione”, di cui parla la ministra, fa un po’ sorridere se si rapporta le poco meno di 40mila email ai circa tre milioni e mezzo di dipendenti (che non avevano proprio nulla da dire?…). Per non parlare – appunto – dei cittadini non dipendenti pubblici.
Ben vengano, quindi, queste iniziative/attività di colloquio vero e costante tra chi governa e chi è governato. Ne è in corso un’altra sulle Linee guida di riforma del Terzo settore. E presto ne parleremo anche sul nostro sito.
Se questa è la positiva direzione intrapresa occorre allora continuare a fare alcuni passi avanti. Provo modestamente a suggerirne tre.
Rispettare le scadenze: il 13 giugno al Consiglio dei ministri sono previste le prime misure. Se anche dovesse slittare per qualche giorno per ragioni contingenti, ce ne faremo una ragione. Ma non oltre. Si proceda appena si può.
Secondo: si possono conoscere anche per grandi linee le osservazioni che sono pervenute al governo?
Terzo: si possono lasciare aperti i canali di informazione (reciproca) sui punti dei 444 non ancora presentati concretamente per le riforma? Se il governo aprisse un sito dedicato, magari qualche altro cittadino ben disposto può prenderci gusto. Non è molto, ma si può fare.
E poi chissà, magari l’appetito democratico vien … partecipando.

Vittorio Sammarco

 

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