Le beatitudini e la politica. In memoria di Luigi Paganelli

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Partigiano cattolico, ex insegnante, ex dirigente della Dc e poi della Cisl, amico  fraterno di Ermanno Gorrieri, ex responsabile del Centro diocesano di pastorale sociale e del lavoro, si è spento a 97 anni, a Modena

 

Luigi Paganelli è nato a Modena nel 1921, da una famiglia di operai. Si è addormentato giovedì notte nella sua casa di sempre, accanto all’amata moglie Luciana, sorretto dall’affetto delle care figlie Anna, Carla e Franca.

Diplomato maestro, per pochi anni insegna nelle scuole elementari, prima di svolgere il servizio militare nel 1941 e partire per una campagna di guerra in Iugoslavia. Partecipa direttamente alla Resistenza, nel movimento cattolico partigiano; è comandante della Brigata Italia fino al 25 aprile 1945. È un combattente e per questo riceve la medaglia d’argento al Valore Militare. È un mite, ma con il coraggio di decidere, un coraggio che dimostra in tutte le battaglie e in tutte le avventure.

Nel 1945 si laurea in materie letterarie e nel 1948 in pedagogia. Fino alla pensione arrivata nel 1978 insegna italiano e storia nelle scuole medie superiori.

Lo studio, la formazione, la ricerca quasi maniacale lo accompagnano da sempre. Consapevole – come scrisse nel libro in cui ricostruisce la storia dell’azione sociale e politica dei cattolici modenesi dal titolo “Quel 1891” – che «quando non si ha adeguata cognizione dei fenomeni sociali in atto, o ci si separa dagli stessi, chiusi nella difesa delle proprie particolari posizioni di Chiesa e di gruppo sociale, poveri di spirito di condivisione e di gusto alla partecipazione, timorosi del nuovo e di ogni rischio conseguente all’impegno, o si resta immediatamente ed irrimediabilmente ai margini della società cui si appartiene, nella incapacità e impossibilità di portare, per il bene comune, un contributo di valore».

Dopo la guerra, l’esperienza politica di Luigi prosegue dentro la Democrazia Cristiana, a livello provinciale come segretario, e come delegato ai congressi nazionali. Sono gli anni in cui è anche dirigente delle Acli, segretario e presidente della corrente sindacale cristiana della camera del lavoro della Cgil unitaria.

È tra i promotori dei “sindacati liberi”. E contribuisce a dare vita alla Cisl, quella grande famiglia (che a Modena ha la sua casa al Palazzo Europa) per la quale si è speso a livello provinciale come segretario, ma anche regionale e nazionale, promuovendo e dirigendo nei primi anni 80 il Centro studi a Firenze.

Quando scrive “Cattolici democratici e Cristiano sociali a Modena” antepone una citazione del modenese Giovanni Rizzatti che dà il senso del suo attaccamento alla comunità modenese e alla comunità di credenti: «Quando, in faccia a miserie che non hanno nome, sento il sangue ribollirmi nelle vene, e l’orecchio ascolta un canto di riscossa e di ribellione, io penso che è merito della Chiesa questo mio sentimento di giustizia».

Un attaccamento che Paganelli ha dimostrato come responsabile laico del Centro diocesano di pastorale sociale e del lavoro – dal 1984 al 1992 – e come insegnante di Dottrina sociale della Chiesa e di storia del movimento cattolico presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose “Contardo Ferrini” di Modena fino al 1995.

A dicembre 1978, esattamente 40 anni fa, è tra i fondatori del Centro culturale intitolato a Francesco Luigi Ferrari, una delle massime espressioni del complessivo movimento cattolico dei primi decenni del XX secolo. Del Centro Ferrari è stato presidente dal 1980 al 1996. Lo ha fatto diventare un luogo di incontro, aperto soprattutto ai giovani, per i quali Paganelli ha sempre rivolto un’attenzione particolare, come quella di un padre che è interessato alle cose che fanno i propri figli, crede in loro, li incoraggia sempre. Così è stato, per esempio, con la nascita di Note Modenesi, più che un giornale un laboratorio dove far circolare idee e far crescere quei giovani che erano interessati alla pratica giornalistica.

Lo vogliamo ricordare con le sue parole – quando il 29 dicembre 2004, per la morte dell’amico di una vita Ermanno Gorrieri, si trova a fare un bilancio della sua esperienza culturale al Centro Ferrari – che raccontano quello che Luigi era ed è stato per noi che abbiamo avuto l’onore di poterlo incontrare: «Lo abbiamo pensato come un luogo dove potessimo confrontarci, potessimo raccogliere documenti e libri, potessimo incontrare personaggi. Un luogo indispensabile ad un gruppo politico che non volesse far politica per la politica, ma la politica per il progresso della società». Perché «non c’è azione sociale seria e produttiva se non è sorretta da un patrimonio culturale. Il pensare su quel che si fa, l’osservare la realtà con l’occhio di chi le cose le vuole studiare, e non afferrarle al volo».

L’impressione è che Luigi Paganelli nella sua vita «abbia cercato di avvicinare il più possibile le beatitudini alla politica». Spesso, come ha ricordato durante i funerali il vescovo di Modena-Nonantola, don Erio Castellucci, i due livelli vengono semplicemente affiancati: «magari si assumono le beatitudini come guida individuale, interiore, per lo spirito, mentre l’impegno per il bene comune procede su una strada indipendente, con delle regole proprie. Ho l’impressione che Luigi, invece, non percepisse l’ideale della fede evangelica e la concretezza dell’impegno sociale, politico e culturale come realtà semplicemente affiancate, ma come realtà ben integrate».

Infatti lui «lottava per la libertà e la giustizia sociale e nello stesso tempo operava per la pace. Sapeva parlare, intervenire con chiarezza nel dibattito pubblico e nello stesso tempo evitava l’arroganza e praticava la mitezza. Era pienamente inserito nella comunità cristiana – ha proseguito il vescovo – e pienamente inserito nella comunità civile, aveva il dono di appassionarsi per i grandi ideali e nello stesso tempo possedeva un invidiabile equilibrio di giudizio e di intervento. Aveva il coraggio di combattere per difendere la libertà e la giustizia e di sognare la pace per tutti, senza conservare odio e risentimento per gli avversari».

Alla fine della sua vita terrena ha sicuramente potuto fare proprio il bilancio di San Paolo “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2Tm 4,6.8). «Grazie al Singore perché ce lo ha donato per tanto tempo, ora lo accolga tra gli operatori di pace, come servo buono e fedele».

 

Paolo Tomassone

presidente del Centro culturale Francesco Luigi Ferrari di Modena

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