Ragionando intorno al voto di Parma

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L’autrice è insegnante nelle scuole superiori e componente del Circolo Il Borgo di Parma, ed è stata consigliera comunale dal 2002 al 2012

 

E’ dal 1998 che a Parma il centrosinistra non riesce più a governare la città. Da allora sono state messe in campo candidature di alto calibro e molto connotate politicamente per appartenenza all’Ulivo e poi al Pd. Questa volta si è puntato su un candidato civico scelto attraverso primarie di coalizione in grado di raccogliere consensi trasversali. Lo hanno appoggiato tre liste, due civiche e una del Pd. Ma il risultato è stato lo stesso: una schiacciante sconfitta.

Cinque anni fa Federico Pizzarotti (del tutto sconosciuto alla città) ha vinto perché hanno vinto i Cinquestelle contro un candidato ritenuto “di apparato” e anche perché gli elettori del centrodestra hanno convintamente votato contro il PD al ballottaggio. In questi cinque anni Pizzarotti non ha mantenuto nemmeno una delle promesse fatte: non ha smantellato l’inceneritore (che funziona a pieno regime), non ha allargato la partecipazione (ha istituito i Consigli dei cittadini volontari totalmente privi di poteri ed eletti dal 2% della popolazione), non ha “ucciso” la multiutility Iren (le era stato fatto il funerale con una grottesca manifestazione), non ha bloccato le esternalizzazioni… Per contro ha elevato al massimo tasse e tariffe, si è scontrato con gli educatori dei disabili e con le famiglie dei bambini dei nidi e non c’è nessuno che a Parma non si lamenti della gestione dei rifiuti, della sporcizia a cui non eravamo abituati, dello spaccio per le strade… Eppure la maggioranza di coloro che hanno votato gli hanno rinnovato un consenso che questa volta era proprio suo, perché dai Cinquestelle il sindaco è uscito sbattendo la porta e fondando “Effetto Parma”.

Io penso che sia abbastanza dimostrato che la maggior parte delle persone non vota giudicando come si è effettivamente governato ma principalmente in base alle emozioni che un candidato o una forza politica suscitano. Pizzarotti è uscito dai Cinquestelle “da uomo libero” come egli stesso ebbe a dire e questo è piaciuto molto ai parmigiani perché piace chi si presenta svincolato dai partiti politici. Si tratta inoltre di un volto giovane e pulito, con ottima capacità comunicativa e in grado di stare in televisione come una star. Inoltre, bisogna ammetterlo, le sue scelte amministrative di basso profilo hanno consentito di rimettere parzialmente in carreggiata i conti devastati dalle due amministrazioni precedenti (che peraltro avevano un altissimo livello di gradimento da parte dei parmigiani mentre è sempre stato “bastonato” chi faceva loro opposizione!).

C’è da osservare che Pizzarotti è stato eletto con soli 37.157 voti su 145.324 aventi diritto: è il numero più basso di sempre nelle elezioni amministrative di Parma.

E una seria riflessione va fatta dunque sulla scarsa affluenza che può avere ragioni molteplici. Per esempio, la gente non va a votare perché risentita contro i politici di qualunque colore siano. A me non è chiaro se questo risentimento nasce sempre da disagio effettivo (disoccupazione, carenza di servizi, impoverimento…) oppure da un inesorabile elevarsi delle aspettative di benessere e da paure più o meno fondate.  Resta il fatto che se il risentimento non trova sfoghi costruttivi diventa molto pericoloso per la tenuta della democrazia. Può accadere invece che non si vedano vere differenze tra i candidati in lizza, ritenendo quindi inutile schierarsi per l’uno o per l’altro. (Quando le persone hanno la percezione che ci sia in ballo qualcosa di importante l’affluenza è più alta come è accaduto il 4 dicembre per il Referendum costituzionale). In entrambi i casi emerge l’idea pericolosa che la democrazia può stare in piedi anche senza partecipazione.

Altra riflessione merita il meccanismo del ballottaggio che ha le sue “regole”.  Chi ha visto il proprio candidato escluso tende a votare contro il “nemico” politico. A Parma il candidato civico appoggiato anche dal PD è diventato il bersaglio degli elettori di centrodestra che hanno votato in massa Pizzarotti. Gli avevano fatto opposizione per cinque anni in Consiglio Comunale ma mai e poi mai avrebbero accettato di collaborare a una vittoria che sarebbe stata anche una vittoria del PD. Mutatis mutandis credo che gli elettori di centrosinistra avrebbero ragionato allo stesso modo.

C’è inoltre da dire che i consolidati e tradizionali poteri della città (economici e dell’informazione) hanno apprezzato molto l’assoluta mancanza di spessore politico del sindaco che infatti si è limitato a mettere in pratica le indicazioni degli assessori al bilancio che si sono succeduti, senza mai mettere in discussione equilibri (o per meglio dire, squilibri…) di potere creati dalle precedenti amministrazioni di centrodestra.

Infine, è successo che vari esponenti del PD nazionale abbiano espresso a più riprese apprezzamenti per l’operato di Pizzarotti in funzione anti Cinquestelle. Come a dire: vedete che i bravi amministratori non possono restare con Grillo? Strategia che ha una sua razionalità ma che certo non ha aiutato il PD e il centrosinistra di Parma perché sui media nazionali Pizzarotti era presentato come una specie di grande statista!

Certo non si può dire che a Parma ci sia stato un voto “anti renziano” visto che al referendum del 4 dicembre il sì ha superato il 50%. Lo prova anche il fatto che è dal 1998 che a Parma parte degli elettori che votano centrosinistra nelle elezioni nazionali, alle amministrative preferiscono un candidato civico. Renzi non c’entra proprio niente!

L’unica soddisfazione di queste elezioni parmigiane è che il nostro coordinatore nazionale, Sandro Campanini, in lista con il PD, ha avuto un eccellente risultato personale e sarà in Consiglio Comunale. Insieme agli altri eletti del centrosinistra, in tutto 8, avrà il delicato compito di svolgere una opposizione corretta ma anche di ricostruire la fiducia nel popolo di centrosinistra ormai profondamente fiaccato dalle continue sconfitte.

 

Carla Mantelli

 

 

2 Comments

  1. Mi sembra che al tuo ragionamento manchino alcune variabili significative:
    1- il seguito alle primarie è stato molto deludente, da tutte le parti in causa, ma soprattutto dallo sflarsi dalla campagna di competitor importanti
    2 – la segreteria provinciale e reginale è sembrata stare alla finestra ad attendere l’esito, piuttoasto che a condizionarlo in termini positivi
    3- la terza lista (oltre quella del PD e di Scarpa) che vedeva la presenza di ex collaboratori della giunta Vignali
    4 – non condivido il giudizio che dai del referendum: non erano crtamente tutti votanti del PD
    5 – Renzi c’entra e come: non hai idea di quante persone mi hanno detto di non votare Scarpa perché sostenuto dal PD che vede Renzi suo segretario
    6 – difficile far capire che anche Renzi aveva interesse che vincesse Pizzarotti in funzione anti Grillo. Eppure ricorderai le parole di Renzi, di Merola, di Bonaccini… e la tiepidezza di Calvano

  2. Condivido l’analisi. Sconfitta bruciante e anche un pò “beffa” visto che il primo turno (se vogliamo più politico rispetto al secondo) invece aveva dato segnali incoraggianti. Aggiungo che uno dei fattori chiave che ha aleggiato e influito sul voto amministrativo è il fattore “migranti-paura”. Non a caso in molte città ha vinto il Cdx. E anche a Parma la lega ha avuto un discreto successo (ben 4 eletti in consiglio). Probabilmente ha infuito anche questo: Pizzarotti “il civico” ( e a pensiero della città dunque più “manovrabile” a seconda degli umori) non ha mai preso posizioni decise su questo (come in molte altre cose) ed è visto su posizioni più consone alla non accoglienza rispetto al Pd. Anche questo fra le altre cose ha influito.
    Aggiungo infine che Scarpa era poco conosciuto mentre Pizzarotti godeva da mesi e anni dei riflettori nazionali. Proprio per questo le primarie andavano (e per il futuro andranno) fatte almeno 8-9 mesi prima,, per dar modo al candidato di essere conosciuto, di girare, di sintonizzarsi coi problemi…

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