Proprio in tempi difficili, difendo sia la critica che il costituzionalismo

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Il nuovo intervento di Sandro Antoniazzi solleva problemi che meritano una riflessione ulteriore, al di là dei dettagli e di una personalizzazione del dibattito che (per quanto mi riguarda) si fermerà qui. Si tratta di due punti.

Il primo è la concezione del referendum come battaglia politica. I 57 costituzionalisti hanno fatto un documento per il no, quindi non è importante quello che dicono. Le opposizioni sono all’attacco. La minoranza dem è infida e vuole solo affermare il proprio potere di veto. Chissà cosa può succedere se il no vince. La frase cruciale è: «Personalmente ritengo, guardando cosa sta succedendo in Europa e ora anche in America, che sia bene sostenere l’attuale governo; non vedo soluzioni migliori e ritengo che non sia bene scherzare a  riguardo coi problemi che ci ritroviamo». Siamo nei tempi dell’atomica, quindi usiamo l’atomica. Non c’è particolare scelta, anzi: silenzio e avanti. Io ritengo invece, non da oggi, che questo modo di pensare sollevi un problema decisivo. Lungi da me sottovalutare l’aria pericolosa che tira nelle democrazia avanzate o trascurare l’importanza della leadership. Ma da qui a teorizzare che allora non bisogna disturbare il manovratore, e che ogni critica sia illegittima, anzi sia «oggettivamente» – come si diceva una volta – un favore al nemico, un lavorare per il re di Prussia, ci corre un mare. Questo è esattamente il clima che si è creato attorno all’esperimento Renzi (tralasciamo di andare a cercarne le cause, per il momento), e che io vedo pericolosamente allargarsi anche dentro i nostri ambienti. Questo schematismo mi urta personalmente.  Penso che nemmeno nella politica italiana dei tempi della guerra fredda si era arrivati a questa radicalità (e lo dico con cognizione di causa, visto che ci sto scrivendo una ricerca storica). Di più. Lo ritengo una deriva esiziale se lo lasciamo diventare l’orizzonte del futuro delle democrazie. E’ una illusione pericolosissima combattere il populismo con le sue stesse armi: la semplificazione, il «noi contro loro» (cercando sempre un nemico), dosi massicce di populismo alternativo (come la battaglia contro la casta o la svalutazione di «chi c’era prima», o il giochino di chi veramente fa le cose), oppure con l’atteggiamento da «dopo di me il diluvio». Il populismo si combatte con maggiore educazione democratica, con maggiore civismo, con maggiore attitudine al «government by discussion». E poi è un atteggiamento pernicioso per il Pd, che non può giocare le proprie fortune come partito solo sull’orizzonte di una pur necessaria leadership. Ed è pernicioso  per Renzi stesso, perché di immagine e di selfie si può anche morire, basta poco, nei nostri tempi mediatici. E quindi io continuerò a rivendicare uno spazio per la critica serena, nel merito delle questioni, sfidando anche il nostro fenomeno a scendere sul terreno di noi comuni mortali: cioè quello della ragione e della critica, sul merito delle scelte. Intendo continuare, per quanto riguarda me e spero anche per quanto riguarda questa rete, a sottrarmi al gioco delle tifoserie contrapposte. Sfidando ogni denigrazione e ogni irrisione.

Ma sotto all’intervento di Sandro c’è un secondo punto, ancora più delicato e radicale. In buona sostanza, egli critica l’assunzione della cultura costituzionale come una fede, giudicandola una specie di surrogato ideologico assunto da chi non ha più una bussola. E, di conseguenza, critica il fatto che gli esperti della materia godano di un privilegio tipico di una oligarchia di addetti ai lavori. La costituzione non sarebbe «il valore supremo e neppure la fonte ispiratrice di ogni politica» . Caro Sandro, stiamo bene attenti. Da umili credenti, con il «valore supremo» non possiamo scherzare: sappiamo distinguere assoluto e relativo. Ma la costituzione in democrazia ha un posto del tutto particolare, che occorre salvare ad ogni costo. Il costituzionalismo, inteso come insieme di valori e regole comuni e più o meno condivisi, sottratto al gioco delle  maggioranze e delle minoranze, è una risorsa troppo grande per poterla irridere in questo modo. E’ l’unica salvezza dell’Occidente di fronte ai fondamentalismi di ogni tipo, tanto per dirne una. E’ l’unica speranza di integrare le diversità spezzettate di una società di individui senza forme di spontanea integrazione sociale che tengano. Non è l’unica ispirazione delle politiche, ci mancherebbe, ma è il metro su cui valutare tutte le politiche (nella parte dei principi fondamentali, in cui si disegna un dover essere della democrazia). Per questo tale patrimonio va sostenuto, difeso, incrementato, fatto conoscere. E anche salvaguardato al massimo possibile – lo so bene anch’io che non può essere un sacro graal nascosto e illibato – dalle tensioni ovvie e naturali dello scontro politico. Ci può essere stato un uso sbagliato e improprio di questi riferimenti: ma non si può buttare il bambino con l’acqua sporca. Ed è per questo che dissento radicalmente dal tuo stupore alla mia critica sulla intestazione politica dello scontro sulla riforma costituzionale che il presidente del Consiglio ha fatto, personalizzando la questione come giudizio su di sé. Non è il punto che sia legittimo o no. Oppure che, come dice l’amico Ceccanti, formalmente il referendum lo può promuovere chiunque. O addirittura che lo scontro si sarebbe comunque politicizzato: siamo uomini di mondo. Il punto è che ritengo operazione altamente sbagliata e pericolosa assimilare un cambiamento della «casa comune» a una qualsiasi scelta su cui spendere la propria credibilità di governo. Comunque, a prescindere da Renzi e dal referendum, quando abbiamo preso la costituzione come uno dei punti fermi di riferimento della nostra rete, a questo orizzonte culturale credevo facessimo riferimento. Ed è quello che a me piacerebbe di poter dire che resti il nostro terreno solido comune, che possa ben reggere qualche divergenza di opinione più contingente.

 

Guido Formigoni

 

10 Comments

  1. Sono pienamente d’accordo con lo spirito e le ragioni esposte da Guido Formigoni; e mi auguro che siano davvero patrimonio comune di quanti si ritrovano intorno a c3dem…!! angelo bertani

  2. Mi sembra che questo commento ignori due cose. La prima è che si tratta di una riforma condivisa a cui un pezzo dell’opposizione si è a un certo punto sottratta per questioni diverse dal merito. Ci si doveva fermare accettando un veto? La seconda, connessa alla prima, e’ che richiamarsi ai fini del costituzionalismo se i mezzi non sono aggiornati è una declamazione vuota. Lo spiegava già ad Arezzo la lega democratica nel lontano 1979.

  3. Proporrei di tornare al merito. Anche se condivido l’opinione di Antoniazzi che la questione sia soprattutto politica, non è vero che “I 57 costituzionalisti hanno fatto un documento per il no, quindi non è importante quello che dicono (eccetera)”, come scrive Formigoni, dando una versione per l’appunto irridente delle opinioni altrui. Il documento dei costituzionalisti per il sì (https://www.bastaunsi.it/ragioni-del-si) ad esempio risponde punto per punto al documento dei 57 costituzionalisti per il no. E non solo gli studiosi: anche il ministro Boschi, quindi il governo, risponde alle obiezioni dello studente di Catania argomentando in modo analitico e vivaddio convincente (o no? e perché?) e anche sottolineando l’importanza di discutere sul merito e non sugli schieramenti (https://www.youtube.com/watch?v=B-iTBQn_Ygw).

  4. Sono assolutamente d’accordo con Guido Formigoni e leggo la profonda divisione tra noi, un tempo affini, su un terreno tanto cruciale quale quello della Legge fondamentale, come un frutto avvelenato del modo divisivo con il quale è stata gestita e varata la riforma. Se essa riesce a produrre divergenze di tale portata tra noi, immagino quante di più né produrrà nel paese. Un prezzo davvero troppo alto, quand’anche fosse una buona riforma, quale a mio avviso non è.

  5. A dir la verità non è che nei vari passaggi sui referendum elettorali e la transizione al maggioritario tutta questa affinità in quest’area, da cui peraltro quella spinta era nata, ci fosse e anche allora, quando Renzi aveva i pantaloncini corti, i toni erano spesso aspri….Per cui torniamo al contenuto, ossia alla valutazione se questa riforma modifica o no in senso migliorativo lo status quo. Sarebbe ben strano chi condivise allora ,credendoci davvero, la battaglia per il maggioritario fosse oggi contro quello che ne è il completamento logico. Del tutto comprensibile è che chi era contro allora sia anche contrario oggi.

  6. Da non costituzionalista ritengo che i costituzionalisti che hanno elaborato le modifiche ai tanti articoli della costituzione avrebbero potuto fare qualcosa di meglio. Se si leggono gli articoli a confronto si nota che molti sono mal scritti, confusi, riferentesi a parti di leggi ordinarie (cosa molto strana in una costituzione che dovrebbe essere sovraordinata alla legge ordinaria per sua natura facilmente modificabile. Trovo che i passaggi previsti tra camera e senato siano farraginosi, con scadenze che sarebbero più tipiche di regolamenti che non di una costituzione , che puntare sulla riduzione dei costi per una modifica costituzionale sia solo ridicolo, che il governo avrebbe fatto bene a non legare la sua sorte alla riforma perché costituzionalmente improprio, in quanto essa non può considerarsi interesse solo della maggioranza politica di turno (errore a mio avviso fatto anche da Letta), Avrei molte altre osservazioni, anche a proposito di quanto scrive Ceccanti, ma non voglio farla lunga. Certamente conserverò la libertà di esprimermi al referendum secondo coscienza senza far dipendere la mia scelta da valutazioni politiche contingenti che , data la materia di cui trattasi, mi sembrano del tutto improprie. E mi auguro che sia per il si, sia per il no sia questo l’atteggiamento prevalente fra i cittadini.

  7. Consiglio bibliografico: “La Costituzione criticata” http://www.ibs.it/code/9788881147090/costituzione-criticata.html Tutte le accuse, specie quelle stilistiche, proposte oggi a questa riforma, sono state pari pari rivolte all’inizio al testo del 1947: lo dimostra quella ricca antologia. Solo che quello col tempo quel testo è diventato familiare e condiviso e ci si è scordati di quelle critiche: la memoria è selettiva…

  8. Solo quando ci si stima e ci si rispetta si può sinceramente e senza timori discutere nel merito. Quindi ben vengano le posizioni diverse, questo luogo di incontro può essere prezioso per un confronto che certo non si alimenta di avversità precostituite, ma semmai di simpatie pregiudiziali…… Anche nel 2001 la Costituzione venne modificata, e allora con troppa poca discussione, per rincorrere la Lega. Sarebbe stato meglio essere più divisivi allora….
    Quello che dobbiamo evitare è l’errore concettuale di immergere la questione della Riforma costituzionale nel magma delle nostre reazioni negative o positive nel confronti del renzismo. Troppi commentatori si perdono nell’attribuzione alla Riforma di un valore simbolico ultimativo, come quintessenza della esperienza di Renzi, e di un Renzi che in molti casi piace o non piace d’istinto. E’ certo un tema colossale, ma appunto perciò supera la valutazione sul governo.
    Io non sono esperta in questioni costituzionali, ma ricordo, fin da quando ho iniziato a far politica da adulta, di aver sempre sostenuto, nei programmi ulivisti, il superamento del bicameralismo ed il Senato delle autonomie. E allora quei programmi non erano divisivi per molti di noi.
    Perché allora la questione non sollevava obiezioni? Si riteneva che tanto non se ne sarebbe mai fatto nulla?
    La mia esperienza di assessore regionale mi ha infinite volte fatto comprendere come la linea di separazione fra le competenze, e soprattutto le competenze concorrenti fra Stato e Regioni fosse mal tracciata, con compiti attribuiti alle Regioni che inevitabilmente invece richiedevano una dimensione nazionale. E la pressione che costantemente, ma inefficacemente le Regioni esercitavano nella Conferenza Stato-regioni. Per cui non vedo male un senato che esprima le articolazioni della Repubblica e che abbia vocazione differente rispetto alla Camera.

  9. Condivido il parere espresso da Guido Fomigoni.
    E condivido l’auspicio che, il più che legittimo confronto sul DdL Boschi, divenga quanto più possibile di merito e rifiuti, quale “blasfemia civile” tanto le affermazioni assiomatiche (“se non passa l’Italia sarà ingovernabile”, “col no alle riforme la Ue non ci fila più”, ecc) quanto la ridicola gara a chi porta dalla “sua parte” il maggior numero personaggi noti (e spesso giusto capaci di leggere, scrivere e, forse, far di conto).

    Osserva, con dispiacere, Franco Monaco che questa riforma produce divisioni profonde e lacerazioni anche al nostro interno. Concordo con questa osservazione; di mio aggiungo che, queste divisioni, sarebbero forse meno profonde se non tendessimo a dimenticare il pensiero che, maestri di provata saggezza ci hanno lasciato: “Orbene, la razionalizzazione del potere, cioè questa distribuzione del potere fra soggetti adeguatamente distinti e contrappesati, è forse uno dei pregi più raffinati e delicati della Costituzione italiana, ne costituisce un risultato positivo e davvero meritevole della più gelosa salvaguardia, al di là di ogni riforma possibile” (G. Dossetti – Bologna, 16 settembre 1996).

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