Lettera ai cattolici democratici

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Pubblichiamo la lettera che, all’inizio di settembre, Sandro Antoniazzi ha scritto a un largo numero di amici. Lettera alla quale sono arrivate le prime risposte, a cui Sandro, in qualche caso, ha ulteriormente replicato. E’ un dibattito che non vuole darsi pubblicità, svolto tra amici, per lo più legati da comuni esperienze (in primis la militanza cislina, ma non solo). Nella email con cui ha spedito la sua lettera Sandro ha scritto: “Mi sono permesso di scrivere una lettera  rivolta ai cattolici democratici relativamente al prossimo referendum, perché mi preoccupa la scarsa considerazione politica generale che si manifesta in posizioni anche della nostra area. Naturalmente esprimo delle posizioni del tutto personali”. La sua è una posizione netta: per il Sì al referendum, e di polemica con quei cattolici democratici intenzionati a votare No. Che non sono pochi: tra loro, ad esempio, Franco Monaco, che più volte ha espresso la sua posizione anche su questo nostro sito.

Comunque la si pensi, crediamo di fare cosa utile e gradita all’insieme di coloro cui arriva la nostra newsletter pubblicando la Lettera di Antoniazzi e gli interventi che le hanno fatto seguito (nel caso di nuovi interventi, inseriremo qui i link relativi).

 

Diversi amici ed esponenti dell’area cattolica democratica hanno espresso una posizione negativa  sul merito referendario, mentre altri  continuano a manifestare a riguardo forti perplessità.

Non è una novità che tra i cattolici democratici si manifestino posizioni differenziate, essendo ormai venuti meno non solo forme associative e culturali di carattere nazionale, ma anche e ancor più riferimenti comuni per affrontare i problemi della nostra epoca. Ma poiché un altro carattere di quest’area  è sempre stato quello di parlare francamente, mi permetto anch’io di esprimere  le mie idee a riguardo di questa posizione che non solo non condivido, ma che ritengo  politicamente carente e non “adeguata” alla situazione che attraversiamo.

Ho già avuto modo di intervenire due volte sul sito dei “c3dem” in proposito, sia pure in forma indiretta: una volta per criticare la non troppo velata ipocrisia del documento dei 56 giuristi , molti dei quali dopo aver firmato un paludato e professorale scritto a partire dal giorno dopo si sono buttati con ben altro linguaggio nella campagna per il NO;  una seconda volta per segnalare una pericolosa tendenza  a passare dalla difesa della Costituzione al sostegno del “costituzionalismo”, una quasi ideologia che viene a sostituire l’orizzonte politico-ideale venuto meno.

Ma per venire al merito del referendum alcune delle critiche avanzate, singolarmente prese e con beneficio d’inventario, possono avere qualche plausibilità; non è difficile condividere l’idea che su questo o quel punto si poteva far meglio e anche che qualche costituzionalista esperto avrebbe potuto scrivere – beninteso  a tavolino –  un testo migliore. Ma mi chiedo, quale delle varie proposte e critiche avanzate sarebbe passata all’esame delle Camere e con quale maggioranza?

E’ noto il percorso difficile (durato due anni) che ha avuto questo testo in Parlamento; come è possibile criticarlo di non avere avuto un’ampia maggioranza? Si facciano i nomi delle forze politiche che avrebbero potuto essere chiamate a contribuire. Abbiamo presente le critiche piovute sul governo per l’accordo del Nazareno, che aveva appunto lo scopo di allargare all’opposizione la partecipazione alla riforme costituzionali?

Infine, se le posizioni contrarie sono  legittime,  non mi sembra però  che le proposte di modifica siano tali da stravolgere la Costituzione e pertanto  giustificare una battaglia di principio, al grido “salviamo la Costituzione”. Con un giudizio un po’ più laico, nel riconoscere i grandi meriti della Costituzione e ricordando che sono passati 70 anni, forse si potrebbe fare uno sforzo per guardare avanti. E del  resto  l’aver realizzato un sistema di fatto quasi monocamerale a me sembra un risultato  fortemente  positivo, mentre sulla legge elettorale, da qualcuno collegata nel giudizio, c’è  tempo per  riparlarne.

La posizione ultima, chiaramente difensiva, di questi amici  è una dichiarazione per così dire di neutralità politica ( mi verrebbe da dire  “angelica” per la sua immagine di purezza) che si esprime così: noi parliamo solo di Costituzione, non abbiamo nulla contro il Governo e mettiamo da parte gli altri problemi politici. E’ difficile pensare che persone use alla politica da anni possano esprimere un pensiero così irrealistico.

Non stiamo parlando di un documento di studio da discutere  accademicamente in un’aula universitaria, ma di una proposta di riforma costituzionale  che sarà fra breve sottoposta a referendum, vale a dire uno degli atti più politici che possa  interessare un paese, dato che tutti i cittadini saranno chiamati ad esprimersi. Non è in discussione  questo o  quell’articolo imperfetto, ma si vota sì o no; e dalla parte del NO vota compatta tutta la destra  non perché abbia idee giuste e migliori di riforma, ma solo e esclusivamente contro il governo. Dunque il  NO  esprimerà in modo prevalente  un voto politico contro il governo.

Se dei cattolici democratici ritengono di votare NO  per quello che si potrebbe chiamare un’obiezione di coscienza, allora penso che si dovrebbe levare  un’altra  obiezione di coscienza, di gran lunga superiore, quella di votare insieme alla destra. Personalmente mai e poi mai voterei con la destra contro un governo e un partito di centro sinistra, quando l’unico scopo della destra è far cadere il governo o  comunque metterlo in seria difficoltà. Qui il mio dissenso è totale; con la destra  io non voto.

Chi non vede che i grandi problemi del paese sono altri; le difficoltà persistenti della ripresa economica, la disoccupazione e la mancanza di lavoro, la finanza e la borse sempre fuori controllo, le migrazioni straniere continue e che ci vedono soli nell’affrontarle, l’Europa  che non riesce a svolgere una politica all’altezza dei problemi.  Avere un governo stabile e sicuro è la condizione prima per poter assumere iniziative adeguate. Già l’Europa e i mercati sono inquieti per un possibile risultato negativo del referendum. Possibile che la Brexit non insegni e come non vedere che anche in Germania cresce il populismo di destra  e che le prossime elezioni  in Francia e in USA si presentano a rischio?

Dunque  a mio parere i cattolici democratici invece di assumere posizioni di rottura  dovrebbero impegnarsi a sostegno del governo di centro  sinistra e nell’ambito del PD  svolgere un ruolo costruttivo, di cucitura e di mediazione, per conciliare e superare  le attuali divisioni e avanzare prospettive unitarie per il futuro.

A me sembra invece che dietro le scelte per il NO stiano  posizioni di ostilità al Governo e a Renzi, che spesso prevalgono rispetto alla questione referendaria; mentre alle questioni di “antipatia” occorrerebbe far prevalere la razionalità politica e il bene del paese. Altrimenti c’ è il rischio del manifestarsi di posizioni di rivalsa, in assenza  di una qualunque prospettiva  politica alternativa. Come diceva Platone “è più difficile cambiare la musica di una paese che la sua Costituzione”, intendendo per musica la sua cultura e la sua coscienza  civile.

Sandro Antoniazzi

(Settembre 2016)

 

La risposta di Franco Monaco

La replica di Antoniazzi a Monaco

La risposta di Alberto Mattioli

La risposta di Roberto Vialba

La risposta di Carlo Stelluti

La replica di Antoniazzi a Stelluti

La risposta di Luigi Viviani

 

 

 

 

 

 

 

6 Comments

  1. Nella risposta di Antoniazzi a C. Stelluti si precisa che la lettera era rivolta ai cattolici democratici del PD. Mi permetto di intervenire anche se del PD non faccio più parte (e ci sarebbe da chiedersi perchè molti lo hanno abbandonato, e non solo per seguire le varie sigle di centro o moderate o per notalgie democristiane). Mi sembrano molto equilibrate e interessanti tutte le risposte ad Antoniazzi e sostanzialmente ne condivido i contenuti, anche se battono su tasti diversi. Anche a me, ad esempio, sembra che un Governo non dovesse legare la propria sopravvivenza alla Riforma (o ritenere la riforma costituzionale come motivo centrale della propria azione). E’ vero che Forza Italia aveva espresso parere favorevole, poi per proprii interessi ha cambiato idea e oggi, con le opposizioni, ne fa un motivo di battaglia contro il Governo: ma a me sembra che mescolare il voto su una legge fondamentale e la fiducia ad un Governo (Antoniazzi dice chiaramente: con la destra io non voto, quando l’unico scopo della destra è far cadere il governo o comunque metterlo in seria difficoltà) non sia corretto. Dovremmo votare qualcosa che non ci va bene solo per dar contro alle destre? Sembra una specie di ricatto, mentre io intendo votare sul merito. Il Governo doveva, per quanto possibile, tenersi fuori dalle scelte più discutibili o contestate. Invece ne ha fatto una bandiera per affermare il cambiamento, la governabilità, le proprie preferenze in materia istituzionale; e doveva lasciare al Parlamento le decisioni. Si dirà: in questo modo non si sarebbe fatta nessuna riforma. Resto convinto che i mali del Paese non dipendano principalmente dal bicameralismo o da come è composto il Senato, o dalla presenza del CNEL, ma dalla incapacità della politica di decidere. E questa incapacità può dipendere più dalla legge elettorale, se non porta ad una maggioranza certa, che dall’impianto istituzionale. Perciò concordo con le posizioni di Monaco e (come dice Mattioli) “La sfida con Renzi oggi semmai è in avanti e non all’indietro. Credo che i cattolici democratici, in generale, debbano caratterizzarsi per la capacità di lettura e proposta rivolta al futuro”. Il futuro non è neanche sperare taumaturgicamente nella riforma sottoposta a referendum, ma nel sapere alla luce dei valori Costituzionali, dell’ideale Europeo, dei diritti universali dell’uomo, della Dottrina Sociale mettere a punto politiche di vero cambiamento e di strategie per superare il sistema della “dittatura finanziaria e delle multinazionali e dei signori della guerra”. Su questo si continua a fare poco, a non dare speranze ai cittadini, a non costruire occasioni di lavoro e di vera partecipazione.

  2. Sono completamente d’accordo con le argomentazioni – di puro buon senso – dell’amico Antoniazzi. I motivi sono in gran parte quelli contenuti nelle mie recenti risposte a Raniero La Valle e a Nino Labate in altre discussioni sul sito, quindi non mi ripeto.

  3. http://www.repubblica.it/politica/2016/10/12/news/referendum_si_analogie_programma_pdl-149621367/?ref=HRER1-1

    …”votare insieme alla destra”… o votare una cosa di destra?
    che dilemma.

  4. Se uno di destra o un 5 stelle (come segnala correttamente l’articolo citato) sostiene che la terra è rotonda, vale la pena di sostenere che la terra è quadrata per distinguersi da lui?
    Il punto è di far capire ai loro (finora! perché porre limiti alla provvidenza?) elettori che c’è malafede da parte dei loro leaders quando fanno oggi le barricate contro qualcosa su cui erano ieri d’accordo.

  5. Un argomento che sento dire (da Rodotà, da Chiavario, da altri illustri studiosi cattolici e non) è questo:
    siamo contro il bicameralismo paritario, ma questa riforma non ci piace in molti particolari
    Domanda:
    è più facile, una volta che il NO ha confermato il bicameralismo paritario, mettersi a lavorare di nuovo per superarlo ovvero è più facile , una volta che tale bicameralismo sarà abolito con il SI al referendum, ritoccare e migliorare il nuovo impianto costituzionale?
    E’ facile capire che la soluzione più logica è la seconda.
    Per cui: tanto di cappello a chi ritiene che il bicameralismo paritario italiano (unico al mondo) vada salvaguardato come una preziosa specie in estinzione,, ma non posso acconsentire all’incoerenza di chi dice no al bicameralismo paritario ed insieme NO alla riforma che lo supera.
    Quanto alle legge elettorale, premesso che l’italicum non mi piace molto, non riesco però a capre quale legge vorrebbero i sostenitori del NO: forse il ritorno alla vecchia proporzionale come sostiene oggi De Mita (a volte purtroppo ritornano: De Mita, D’Alema…)?

  6. Alle considerazioni equilibrate e apparentemente ovvie di Campanini, confermo la mia “incoerenza” (che è quella di tanti maestri politici che sono stati riferimenti per molti anni) e dichiaro che sono, pur con i correttivi minimi necessari per non avere eterna ingovernabilità, per una legge elettorale proporzionale e con le preferenze! Inoltre condivido il superamento dell’attuale bicameralismo paritario, ma non come previsto dalla riforma sottoposta a Referendum. E questo senza essere un fans o un ofano nè di De Mita, nè di D’Alema.

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