INVECE DI ANDARE A CASA IL PRIMA POSSIBILE…

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Leonardo Becchetti in un editoriale sull’Avvenire: “Invece di andare a casa il prima possibile (…) la nostra classe politica dovrebbe fare esattamente il contrario. Restare per tutto il tempo necessario e metterci la faccia in questo momento difficile per sudarsi e meritarsi la stima dei cittadini” (“La giusta fatica che serve all’Italia”). Tracce di ripensamento si notano ora in Matteo Renzi, come emerge dal colloquio con Massimo Franco sul Corriere della Sera: “Potrei non candidarmi a premier. Primarie poi il voto, oppure si va al 2018”. E Stefano Folli su Repubblica lo registra: “La lunga frenata sul voto anticipato”. Anche il renziano, ma schietto, Matteo Richetti dichiara a La Verità: “Renzi deve fermarsi, così porta il Paese a sbattere”. Avvertimenti vengono anche dal filosofo Sebastiano Maffettone sul Messaggero: “Il va dove ti porta il voto che snatura la politica”. Arturo Parisi, intervistato da Repubblica, critica la sinistra dem ma non è ben certo che Renzi abbia fatto davvero autocritica (“No a un’altra scissione. Una nuova alleanza nasce solo dal Pd unito”). Italia Oggi riporta il pensiero di Silvia Prodi: “Improponibile un nuovo Ulivo. No a elezioni e scissione”. Accorato appello di Livia Turco: “Quando il Pd attorno al tema della lotta alla povertà dedicherà un po’ di passione, un po’ di discussione, un po’ di tempo a girare tra le varie Caritas sarà un partito autorevole” (“Emergenza Pd”, Unità). Roberto Speranza, in un’intervista al Mattino, dice: “E’ l’ora della chiarezza. La via maestra resta il congresso”. Invece, sul Foglio, Claudio Cerasa incoraggia Renzi a… resistere (“La guerra dei settanta giorni”) e Mauro Calise dice all’Unità di avere ancora fiducia: “Pd è intero. Renzi resta leader”. Dario Franceschini fa la sua proposta: “Premio di coalizione e primarie per alleanza con centro e sinistra” (intervista a Repubblica).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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