IL TETTO: don Lorenzo Milani – ADISTA: Ernesto Che Guevara – IC –Italiacaritas: le immigrazioni – Il REGNO: i cristiani chiamati a un radicale atteggiamento di disponibilità all’accoglienza – SERVITIUM: l’incertezza

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È dedicato a don Lorenzo Milani, a cinquant’anni dalla morte, il fascicolo 319 (maggio-giugno) de Il tetto. E costituisce la testimonianza che quella figura modesta ed esemplare è anche oggi, ogni giorno di più, nel cuore e nella mente dei credenti e degli uomini di buona volontà. Lo dimostrano gli articoli, lucidi e commossi, di Pasquale Colella, Andrea Proto Pisani, Serena Marini, Fabrizio Valletti, Francesca Avitabile, Giacomo Losito, Annamaria Palmieri, Ugo leone, Eddy Stifano, Giuseppe Avallone, Mario Rovinello, Pio Russo Krauss, Ugo Maria Olivieri e il bellissimo testo di papa Francesco ripreso da Repubblica del 24 aprile che conclude: “Accostiamoci agli scritti di don Milani con l’affetto di chi guarda a lui come a un testimone di Cristo e del Vangelo, che ha sempre cercato, nella consapevolezza del suo essere peccatore perdonato, la luce e la tenerezza, la grazia e la consolazione che solo Cristo ci dona e che possiamo incontrare nella Chiesa nostra Madre”. A don Milani, in occasione della visita papale alla tomba, è dedicato anche un bel saggio di Giancarlo Pani su La Civiltà Cattolica 4008 del 1 luglio.

Anche Adista (fascicolo 23 di Segni nuovi) parla di don Milani con la voce di Enzo Bianchi e di Sergio Tanzarella (don Milani: Concilio, Bibbia e comunità). Il primo, tra l’altro, mette in luce comprensioni e soprattutto incomprensioni che circondarono Milani anche da parte di ambienti aperti al Vangelo e al rinnovamento ecclesiale; e Bianchi stesso ammette di avere molto ammirato la sua carità cristiana, ma di aver anche rilevato dei limiti nella attenzione e comprensione del Concilio, della centralità della Parola di Dio e della vita della comunità ecclesiale in quanto tale (tutti limiti che Tanzarella non pare contesti). Sullo stesso fascicolo, fra tante altre cose interessanti, un ricordo di Ernesto Che Guevara a 50 anni dalla morte. Lo scrive Bruno d’Avanzo rilevando che il Che è vissuto ed è morto ateo, ma ebbe molte consonanze “implicite” con la fede cristiana per la difesa e liberazione dell’uomo. E cita anche una (poco conosciuta) poesia del Che: “Cristo, ti amo/ non perché sei sceso da una stella/ ma perché mi hai rivelato/ che l’uomo ha sangue/ lacrime/ pene/ chiavi per aprire/ le porte serrate della luce…”.

IC –Italiacaritas di luglio affronta il delicato tema delle immigrazioni “spontanee” verso il nostro Paese e l’Europa in genere, a partire dalla vicenda di Ventimiglia dove tre persone attive nell’assistenza ai migranti bisognosi sono state denunciate per aver assistito alcuni cittadini stranieri che intendevano spostarsi dall’Italia alla Francia, distribuendo loro del cibo. Sul tema dei diritti dei migranti, sottolinea giustamente ItaliaCaritas, “stiamo assistendo ad una regressione culturale senza precedenti”. E soggiunge: “invece di creare un sistema ordinato, che preveda percorsi sicuri per i migranti, i leader europei preferiscono concentrarsi sul blocco delle frontiere e sui negoziati con governi che violano i diritti umani”.

Sul delicato, e spesso bollente, tema dei migranti da segnalare il documento diffuso dalla Conferenza episcopale ligure a maggio e pubblicato poi su Il Regno (n 11 – documenti) in cui si afferma (si dimostra e si spiega) che “come cristiani siamo chiamati a un radicale atteggiamento di disponibilità all’accoglienza”. Il documento dei vescovi liguri, inizia citando papa Francesco nel suo messaggio per la 102ma giornata mondiale del migrante e del rifugiato: “La Chiesa affianca tutti coloro che si sforzano per difendere il diritto di ciascuno a vivere con dignità, anzitutto esercitando il diritto a non emigrare per contribuire allo sviluppo del Paese di origine. Quando questo diritto non viene garantito, tutti noi abbiamo il dovere dell’accoglienza e della carità concreta”. Anche i vescovi toscani hanno scritto una lettera sull’accoglienza, pubblicata integralmente sul Regno, nella quale si sottolinea l’impegno profuso dalle Chiese toscane nell’accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo, ma si chiede anche alle istituzioni di “superare una logica emergenziale…”

È dedicato al singolare (e anche affascinante e drammatico) tema dell’“incertezza” l’intero numero 231 di Servitium, la rivista che si autodefinisce “quaderni di ricerca spirituale”. L’introduzione, di Martino Doni, spiega la connessione tra i problemi e contesti di incertezza e di complessità. Molti interessanti articoli arricchiscono il fascicolo e aiutano il lettore a scoprire il positivo e il problematico che c’è nella consapevolezza della complessità e negli atteggiamenti di incertezza: nella vita delle persone, ma anche nel contesto sociale ed anche in quello ecclesiale. Italo de Sandre sottolinea che negli anni recenti sono cambiate tantissime cose “con l’aumento a dismisura dell’incertezza e dell’insicurezza del sistema/mondo”. Certo l’autoreferenzialità e le false sicurezze non aiutano …”; è invece opportuno, semmai, con più pazienza e responsabilità cercare di cogliere i nuovi interrogativi con nuovi tipi di scambi e di cooperazioni. È un dialogo difficile, per cercare una convivenza eticamente rinnovata, ma già sapendo che aprirà ad altre incertezze”. Altri interventi molto interessanti di Carlo Molari (sul cammino della fede), di Domenico Quirico sull’”esodo” rappresentato dalle migrazioni oggi, di Giorgio Bonaccorso, di Ursicin G.G. Derungs.

(a.bert.)

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