Esperienze genovesi di accoglienza

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La Conferenza Episcopale Ligure, venerdì 13 Ottobre, ha promosso a Genova un convegno molto partecipato sulle migrazioni. L’incontro dal titolo “Ero straniero e mi avete accolto. Conoscere per accogliere e annunciare”, coordinato da Tarcisio Mazzeo (caporedattore di Rai Liguria), si è svolto significativamente al “Museo del Mare e delle Migrazioni” che ha sede nel porto antico della città. Hanno portato la loro testimonianza diversi protagonisti dell’accoglienza: la parrocchia di Ventimiglia, il Campus di Coronata, i Corridori umanitari della comunità di sant’Egidio, migranti ospitati da famiglie di Savona.

Complessivamente a Genova sono stati finora accolte 850 persone. La relazione introduttiva è stata tenuta da padre Fabio Baggio (sottosegretario della sezione Migranti della CEI) che ha proposto una lettura teologica del fenomeno migratorio: come “segno dei tempi globale e globalizzato”; accogliere un immigrato è accogliere Gesù; la lettura dei segni dei tempi è una lettura profetica. Don Rito, protagonista dell’accoglienza dei primi migranti nella sua parrocchia di Ventimiglia, poi diventata un caso nazionale, ha ricordato le difficoltà iniziali, le incomprensioni dei suoi parrocchiani e la successiva gara di solidarietà di volontari provenienti anche dall’estero (Francia e altri paesi europei) fino a rappresentare, in certi giorni, un vero e proprio campus europeo.

Don Giacomo Martino (direttore dell’ufficio diocesano Migrantes), considerato “nemico pubblico numero uno” dall’assessore leghista di Genova, ha detto che l’amore cristiano genericamente inteso si deve trasformare in amore per i volti, per le persone che hanno un nome e cognome. A proposito dei volti tutti i brevi video-documentari presentati durante la manifestazione hanno messo in risalto i volti dei migranti, i loro gesti, le loro parole. Insieme con Maurizio Aletti della cooperativa “Altra storia”, ha promosso il campus dei migranti di Coronata nelle alture di Cornigliano (conosciuta per la storia della siderurgia). Nei giorni scorsi Don Giacomo aveva affrontato con coraggio ed equilibrio la dura contestazione di un centinaio di cittadini contro l’annunciato arrivo di 50 rifugiati nel quartiere di Multedo.

Più conosciuta a livello nazionale è l’esperienza dei “corridoi umanitari” promossa dalla Comunità di sant’Egidio insieme alle Chiese Evangeliche: in due anni accolte mille persone; iniziato con un gruppo proveniente dalla Siria, proseguirà con i  migranti dei paesi del Corno d’Africa.

Interessante l’esperienza di Savona raccontata da Eleonora Raimondo, in questo caso si tratta di alcune famiglie che hanno ospitato 15 rifugiati, senza ricevere nessun aiuto finanziario. Eleonora ha sottolineato la necessità di rompere i confini non solo nel senso geografico, ma anche nelle relazioni tra le persone: dalla tradizionale relazione con amici e conoscenti all’accoglienza dello sconosciuto che si è dimostrata essere carica di positive sorprese.

Per Luigino Bruni, docente universitario, noto per i suoi studi di economia civile, tutte le culture hanno storicamente riconosciuto il valore dell’ospitalità, che però non sempre avviene in maniera naturale; occorre una precisa educazione, l’educazione all’accoglienza. Dalla diffusa percezione delle migrazioni come fonte di problemi (si arriva a parlare di “invasione”), bisogna rispondere con i dati oggettivi dimostrando che le migrazioni rispondono a nostri bisogni (basti pensare all’assistenza alle famiglie o allo svolgimento di lavori che i nativi non vogliono più fare).

Ha concluso i lavori il Card. Angelo Bagnasco, che era appena ritornato dall’incontro in Bielorussia per la Conferenza dei vescovi europei di cui egli è presidente (vedi nota in fondo). Bagnasco ha presentato l’accoglienza come un dono che ci permette di uscire dal nostro perimetro esistenziale, dal nostro egocentrismo. La giusta compassione cristiana deve essere accompagnata dalla giustizia. Nel passaggio dal multiculturalismo (che si limita a constatare le tante diversità esistenti)  al dialogo interculturale e interreligioso, occorre avere qualcosa di proprio da offrire, un’identità forte derivante dalle nostre radici europee e cristiane. Il secolarismo non produce una società più buona, ma la perdita delle radici e dei riferimenti, l’omologazione culturale,  una forma di totalitarismo più sottile e più pericoloso. La campagna della CEI in tema di migrazioni viene riassunta in questo motto: “Liberi di partire, liberi di restare”. Durante il convegno è stato distribuito il documento della Conferenza episcopale ligure “Migranti, segno di Dio che parla alla Chiesa”, che costituisce un importante punto di riferimento per comprendere le tematiche migratorie.

 

Salvatore Vento

 

Per conoscenza:

Messaggio finale delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) – Minsk/Bielorussia Sett.-Ottobre 2017

La Chiesa ama l’Europa e crede nel suo futuro: l’Europa non è solo una terra, ma è un compito spirituale. Nella riunione plenaria che si è svolta in Belarus a Minsk, abbiamo rinnovato il nostro impegno di partecipare con entusiasmo al cammino del Continente, che ha qualcosa di grande da offrire a tutti nella logica della reciprocità.

Il compito del nostro Consiglio è di promuovere la comunione tra i Pastori delle diverse Nazioni, e di trovare le vie perché la voce del Signore Gesù torni a risuonare nel cuore dell’ ”uomo europeo”, della cultura e della società: la dignità umana dove può essere ancorata solidamente se non in Gesù figlio di Dio fatto uomo? Questo è il contributo specifico del Cristianesimo all’identità europea, e due millenni di carità, arte, cultura, ne sono viva testimonianza.

Con affetto, facciamo nostro l’auspicio del Santo Padre Francesco per “uno slancio nuovo e coraggioso per questo amato Continente”. A questo slancio noi non possiamo mancare, consapevoli di essere messaggeri di una lieta notizia. Il messaggio di cui siamo debitori al mondo è alto e forte, ma con strumenti poveri: il Vangelo di Gesù è la perenne sorgente della storia europea, della sua civiltà umanistica, della democrazia, dei diritti e doveri umani. Così come ne è la più sicura garanzia!

Nonostante le spinte che tendono a isolare, crediamo a quella unità di ideali spirituali ed etici che da sempre è l’anima e il destino dell’Europa. Così come crediamo ad un continuo cammino di riconciliazione che è parte non solo della storia, ma della vita, e che porta al rispetto e alla valorizzazione delle diverse tradizioni e religioni oltre ogni estremismo.

L’apertura alla religione, alla trascendenza, alla relazione solidale, alla comunione, hanno preso volto nel Vangelo, ed hanno rivelato la dignità unica della persona; hanno ispirato il cammino non sempre facile dell’Europa che ha visto anche dei limiti ed errori.  Lo stesso fenomeno dell’immigrazione è illuminato da questa anima, nel segno dell’accoglienza, della integrazione e della legalità, nonostante difficoltà e timori, consci dello sforzo di una necessaria responsabilità comune.

Ai Popoli e alle Nazioni esprimiamo il nostro incoraggiamento per reagire anche alle forti suggestioni del secolarismo, che spinge a vivere senza Dio o a confinarlo nello spazio del privato, alimentando il germe dell’individualismo e generando solitudine. Tra l’altro, è noto come l’apertura alla vita- in ogni sua fase – sia un indice di speranza, e il grado di natalità sia il segno migliore dello stato di salute della società.

Proprio la realtà giovanile –  tema del prossimo Sinodo della Chiesa – è stato l’altro tema della nostra collegiale attenzione. Una grande simpatia è emersa dagli Episcopati Europei: simpatia che si traduce in preghiera, maggiore vicinanza, desiderio di ascolto e di accompagnamento paziente e amorevole della gioventù.

La Chiesa crede fermamente nei giovani, ne ha stima e fiducia, come una madre verso i suoi figli. Durante i lavori, sono emerse anche alcune preoccupazioni, come la cultura liquida che tutti respiriamo, l’esasperazione individualista diffusa che genera incertezza e solitudine, e alcuni conflitti e ingiustizia che ancora oggi feriscono il grande bene della pace. Sono motivi che confermano il nostro impegno di stare accanto e camminare con loro; di far sentire che il Vangelo è l’annuncio del grande “sì” alla vita, all’amore, alla libertà, alla gioia: è dire “sì” a Cristo.

 

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