Agire politicamente

| 3 Comments

c3dem_banner900px

Associazione sorta a cavallo degli anni Duemila come Coordinamento di cattolici democratici – www.cattolicidemocratici.it

Quale è la vostra posizione sulla riforma della Costituzione e sul relativo referendum, e come la motivate?

La riforma costituzionale deve essere valutata con la massima attenzione e assunzione di responsabilità: si tratta, infatti, di verificare se la riforma rispetta i principi di fondo, libertà, uguaglianza e partecipazione, che stanno alla base della democrazia disegnata dalla nostra carta costituzionale. Ciò è particolarmente importante in una fase, come quella che stiamo vivendo, di profondo mutamento sociale: la società civile si è, infatti, pluralizzata, accentuando la complessità, ed è in atto un processo di orizzontalismo che si contrappone alla verticalizzazione che sembra guidare la società politica. La democrazia deve essere in grado di governare questi processi accentuando il proprio carattere di “democrazia partecipata”: da una repubblica dei partiti ad una “repubblica dei cittadini”, diceva Pietro Scoppola. Dobbiamo quindi chiederci se la riforma proposta assume questa prospettiva. Certamente la riforma radicale del Senato, la riforma del Titolo V, con il ruolo delle Regioni e quindi del decentramento del potere di governo, e non solo dell’amministrazione, con le modalità di elezione di importanti organi istituzionali, come il Presidente della Repubblica e la Corte Costituzionale, riguardano le condizioni di fondo della nostra democrazia: il potere effettivo dei cittadini, quello del Parlamento che li rappresenta e li esprime e quello delle istituzioni che governano i territori in cui i cittadini vivono.

Occorre valutare luci ed ombre: la trasformazione del Senato in “Camera delle autonomie locali” può essere valutata positivamente ma qualche dubbio destano le modalità di elezione dei suoi componenti (potrebbe prevalere la rappresentanza delle parti politiche piuttosto che quella degli enti territoriali); può essere valutata positivamente la definizione delle competenze delle Regioni con la eliminazione delle “materie concorrenti” ma qualche seria obiezione può essere avanzata circa l’accentuata centralizzazione dei poteri che riduce l’autonomia regionale; piuttosto complicata risulta l’attribuzione del potere legislativo alle due Camere, non più uguali, ed il rapporto con il Governo circa la decretazione, volendo mantenere al Senato un ruolo di controllo e ridurre i tempi di approvazione dei decreti emanati dal Governo; positivamente può essere valutato l’ampliamento del ricorso all’istituto del referendum; la garanzia democratica pare assicurata nella elezione del Presidente della Repubblica e dei membri della Corte Costituzionale.

Subordinatamente alla valutazione nel merito delle riforme, se queste possono rappresentare una effettiva minaccia al sistema democratico, occorre poi tener conto della situazione politica contingente e di quella che si può determinare per effetto del voto referendario: il cattolicesimo democratico, infatti, non è una ideologia ma deve ispirare l’assunzione responsabile della realtà del momento con la capacità di valutare la gerarchia dei temi in gioco, i cattolici devono imparare a “maneggiare” i meccanismi della democrazia.

L’associazione non intende esprimere una propria posizione sul Referendum: la sua natura, infatti, non è quella di una forza politica di parte ma piuttosto quella di un “luogo” di servizio al discernimento e quindi quella di illuminare la ragione e non di provocare una fazione.

Un auspicio ed un impegno può essere quello di contribuire alla formulazione di proposte circa le norme che dovranno essere emanate per l’attuazione delle modifiche costituzionali allo scopo di eliminare le ambiguità e dissipare, per quanto possibile, le ragioni di riserva.

In ordine a questo servizio, Agire Politicamente, sul tema del Referendum, ha organizzato un Seminario che ha consentito di conoscere nel merito le questioni e di valutare le ragioni del “si” e quelle del “no” e intende proseguire nel contributo alla conoscenza e valutazione della materia in questione e delle diverse posizioni riguardo al Referendum.

 

Secondo voi, è oggi più importante garantire una maggiore governabilità, cioè stabilità dei governi, oppure è più importante assicurare un’ampia e equilibrata rappresentanza alle diverse forze politiche? Ritenete la legge elettorale detta Italicum una legge soddisfacente oppure no, e perché?

Governabilità e rappresentanza devono potersi conciliare: i cittadini, e le forze politiche attraverso cui si esprimono, devono poter avere la capacità di darsi un governo sufficientemente stabile. Un governo, tuttavia, che resti subordinato alla fiducia di un Parlamento che rappresenta la maggioranza dei cittadini. Sulla legge elettorale, detta Italicum, non si possono che esprimere forti riserve: il consistente numero di “nominati” dalle forze politiche in circoscrizioni relativamente ampie, la possibilità di presentare le medesime candidature di capolista in più collegi con una successiva opzione che non tiene conto dei voti ottenuti dal candidato che subentra, l’ammissione al ballottaggio delle due prime liste classificate, se nessuno ha raggiunto il 40% dei voti, indipendentemente dal numero dei voti ottenuti nella prima consultazione e l’ingente premio di maggioranza assegnato al primo classificato nel ballottaggio, non garantiscono che la maggioranza parlamentare, e quindi il Governo, siano espressione della effettiva maggioranza dei cittadini. E difficile resta il rapporto diretto dell’eletto con il proprio elettorato.

La presenza di questa legge, che peraltro può essere modificata con provvedimento ordinario, può rendere problematici gli effetti della proposta modifica costituzionale: la esistenza di una sola Camera, con poteri di fiducia, eletta con le modalità definite dall’Italicum non pare accettabile. Da qui il rischio di una deriva “autoritaria” paventata da una parte dei sostenitori del “no”.

E’ tuttavia la legge elettorale che deve essere cambiata in funzione della Costituzione e non quest’ultima in funzione della legge elettorale.

 

Ritenete che Matteo Renzi, come segretario del Pd e come capo del Governo, si muova in un solco in linea di massima corrispondente con la vostra cultura politica, oppure ritenete che presenti dei caratteri che con essa sono scarsamente compatibili o addirittura configgenti? (e, in questo secondo caso, quali in particolare?)

Circa Matteo Renzi occorre innanzittutto operare perché il voto sulla riforma costituzionale non si traduca in un giudizio sul Capo del Governo e sul suo operato: la Costituzione è troppo importante e non si può consentire una strumentalizzazione del voto sulle sue modifiche.

Non c’è dubbio che, sia come segretario del Partito Democratico che come capo del Governo, Renzi ha modalità di approccio alla politica che non sono conformi alla tradizione cattolico democratica: non appare evidente la elaborazione di una linea e la costruzione di un progetto, la gestione del partito pare solo formalmente “democratica”, la politica sembra ridotta ad un gioco di potere legato alla propria persona con una ricerca discutibile di alleanze a tale scopo. Il consenso è cercato sulla immagine di efficienza con un esplicito discredito di tutta la esperienza politica precedente. Approssimativo e piuttosto superficiale è apparso, infatti, l’approccio di Renzi alla riforma, privilegiando gli effetti immediati dei provvedimenti rispetto al merito delle modifiche proposte.

Significativa a tale riguardo pare l’intitolazione della legge di riforma costituzionale, che diventa testo del quesito referendario e che fa riferimento a “riduzione del numero di parlamentari e contenimento dei costi …..”, oggetti che possono stuzzicare la sensibilità degli elettori ma che paiono sproporzionati e impropri per una riforma della Costituzione.

Con ciò non si può, peraltro, disconoscere ciò che di buono Renzi ha prodotto nella sua azione di governo e le sue indubbie doti e capacità.

 

I percorsi di maturazione e condivisione del consenso sembrano essere sempre più condizionati da meccanismi che poco hanno a che fare con la conoscenza dei temi in discussione, con il confronto, con la comune appartenenza ad aggregazioni capaci di fare nascere visioni e progetti: è una situazione irrimediabile? Come recuperare il terreno perso in questi ultimi anni?

Non c’è dubbio che l’attuale situazione evidenzia un forte impoverimento della politica ed un processo degenerativo della democrazia, un processo che, peraltro, non interessa solamente il nostro Paese. Il sistema democratico pare messo a dura prova dagli eventi traumatici che caratterizzano il nostro tempo, come il fenomeno della immigrazione. La democrazia deve essere capace di autorigenerarsi e in questo processo di rigenerazione sono coinvolte tutte le componenti della comunità sociale: la componente politica nasce e si forma nella comunità civile ed è qui, pertanto, che si deve nutrire la sensibilità sociale, il senso del bene comune, il dovere costituzionale della solidarietà, la corresponsabilità. La democrazia esige la partecipazione e questa dovrà trovare le forme adeguate anche nel tempo della trasformazione dei mezzi di comunicazione che mettono in crisi i luoghi tradizionali dell’incontro, del dialogo e del confronto. E indispensabili restano i partiti come forma di aggregazione di cittadini “per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” (art. 49 Cost.). Su questi presupposti credo che le associazioni, come “Agire Politicamente” e come la rete “Costituzione, Concilio, Cittadinanza”, debbano assumersi il compito di rendere presente nella società la cultura e la sensibilità del cattolicesimo democratico con riferimento alla concretezza della situazione sociale e politica e di curare la educazione e la formazione all’impegno politico più diretto: sarebbe utile, in particolare a quest’ultimo riguardo, una iniziativa concordata per la indizione sistematica di “scuole” e di corsi di formazione politica. I Partiti restano uno strumento indispensabile per la democrazia: l’attuale situazione mostra con evidenza la connessione fra la crisi dei partiti e la crisi della democrazia. Il Partito Democratico, unica struttura che formalmente mantiene le caratteristiche di un partito, non ha realizzato il disegno fondativo che ne faceva il luogo di incontro delle ispirazioni cattolica, socialista e liberale, per la costruzione di una politica capace di governare la complessità del nostro tempo: questo avrebbe richiesto che il partito si articolasse in luoghi di confronto, di elaborazione e di deliberazione comune che si sono rivelati inesistenti. Nella prospettiva del progetto iniziale del Partito Democratico, l’associzione Agire Politicamente ha ritenuto di dover sostenere, fin dalla fondazione, detto progetto, mantenendosi tuttavia libera da legami funzionali nel rispetto della propria natura. Si può ritenere che questo Partito possa mantenere, nonostante la sua situazione attuale, la potenziale possibilità di realizzare il disegno che lo ha generato. D’altra parte è impensabile che la soluzione alternativa sia quella di dar vita ad altri partiti politici. Si tratta di individuare forme e modalità per stimolare efficacemente il partito democratico e provocarne l’evoluzione positiva nella direzione della intenzione che gli ha dato origine.

 

3 Comments

  1. HO GIA’ ESPRESSO IL MIO PARERE,ANCHE SE NON LO VEDO PUBBLICATO.SPERO COMUNQUE CHE VENGA LETTO.

  2. IN SOSTANZA VOTO SI PER LA RIFORMA DELLA COSTITUZIONE E RITENGO CHE LE PROPOSTE DEL GOVERNO RENZI SIA DA ACCETTARE IN TOTO.

  3. Vedo in molte gloriose associazioni cattoliche-democratiche la paura del nuovo.
    In fondo, era meglio la vecchia classe democristiana capace di mediare molto (e decidere poco).
    Era meglio la vecchia legge elettorale proporzionale con le preferenze (salvo scandalizzarsi per le incursioni della malavita nell’orgnaizzazione delle preferenze)
    Erano meglio i vecchi partiti pieni di tesserati a volte fantasmi a volte trinariciuti ed ossequianti

    I cattolici democratici guardino in avanti e non indietro.
    Superare il bicameralismo paritario era uno dei crdini del progetto di Prodi 1996.
    L’attuale legge costituzionale NON E’ quella uscita da Palazzo Chigi (che ad esempio prevedeva come senatori 100 sindaci), ma è quella usicta da ben 6 votyazioni parlamentari, e nelle prime 3 ogni passaggio ha comportato cambiamenti rilevanti.
    Gli stessi che oggi storcono il naso perché qualche articolo è COMPLESSO O PERCHé IL TESTO è POCO CHIARO SONO GLI STESSI CHE IN SEDE DI DISCUSSIONE HANNO SUBORDINATO IL LORO VOTO POSITIVO ALL’INSERIMENTO DI QUESTO O QUEL COMMA.
    Io credo che la vittoria del NO abbia questo solo significato: IL PASSATO E’ BELLO E NON DEVE TRAMONTARE.
    Dire che se vince il NO poi si può fare una riforma migliore è dire una idiozia sapendo di dirla.
    Qual forse politiche dopo l’eventuale vittoria del NO proprranno una riforma del bicameralismo? i 5 stelle? la lega? Berlusconi? non diciamo bugie, il grande argomento della maggioranza degli esponenti del NO è ad personam: NO a Renzi. non c’è la controprova, ma sono convinto che se le stesse rforme le avesse fatte un governo Prodi o un governo D’Alema nessuno ggi parlwrebbe di attacco alla democrazia.

    Quanto all’Italicum: premetto che preferivo la legge Mattarella (che perà nessuno vuole più: nè i 5 stelle, né la lega, né il centrodetsra…) – ma di grazia, non diciamo tutti i giorni che la Raggi ha avuto il consenso del 65% dei romani? nessuno dice che la Raggi è un sindaco non legittimo perché al primo turno ha avuto il 35%…
    e per quale ragione il sindaco di Roma può governare con il 35% al primo turono ed il 65% al secondo turno, e questa regola non dovrebbe valere per elezioni nazionali?
    e qualcuno si ricorda che nel 1996 l’Ulivo ottenne la maggioranza alla Camera con il 38%dei voti? come è noto Lega e Forza Italia allora andarono divisi – ma nessuno disse che il governo Prodi non era legittimo…

    Infine, contnuo a non capire l’ostilità verso Renzi. Quali sono le leggi sbagliate che ha fatto dal punto di vista dei cattolici democratici? Forse è antipatica la persona? ma – diciamola tutta – Fanfani era un mostro di simpatia? De Mita suscitava entusiasmi? abbiamo paura di leader forti?

    Meditate molto prima di votare NO, perché il treno della storia poi ci cancellerà tutti….
    Guido Campanini, Felino, Parma

Lascia un commento

Required fields are marked *.